La difesa dell’avvocato in fuga a Barcola: «Impianto accusatorio troppo fragile»

Un impianto accusatorio fragile, troppo basato sulle intercettazioni e su fatti di lieve entità. È la replica della difesa di Paolo Pironti, l’avvocato protagonista della spettacolare fuga con sparatoria di Barcola, alle accuse che vedrebbero il legale al centro di una rete di spaccio.
L’avvocato Antonio Cattarini, legale di Pironti e del goriziano Duilio Terpin (arrestato perché accusato di essere complice del primo) articola la risposta in una lunga lettera: «Il giudice per le indagini preliminari ha ravvisato indizi di colpevolezza solo in 6 ipotesi investigative rispetto ai 21 capi d’imputazione contestati ai due indagati nella richiesta».
Secondo Cattarini ci sono due fronti di critiche da fare all’operato delle forze dell’ordine: da un lato alla stabilità dell’impianto accusatorio, secondo la difesa troppo imperniato sulle intercettazioni, dall’altro alle modalità di comunicazione scelte, che lederebbero la presunzione d’innocenza dei due indagati.
L’avvocato rileva come il vaglio del gip abbia ridotto le ipotesi di accusa, ma questo non sia stato riportato nei comunicati: «Sembra sia una notizia importante da fornire per far capire appieno la fragilità dell’impianto accusatorio nel suo complesso. Ben 15 delle ipotesi (capi d’imputazione) d’accusa su 21 sono risultate, agli occhi del giudice, inconsistenti, e non meritevoli di attenzione nella fase delle misure cautelari. Davvero un numero notevole del quale gli organi di Polizia non fanno neppure menzione».
Su questo punto, annuncia Cattarini, la difesa ha intenzione di dare battaglia per smontare il più possibile la tesi degli investigatori, secondo cui i suoi assistiti sarebbero stati gli organizzatori di una rete di spaccio che importava dalla Slovenia sostanze stupefacenti come cannabis, cocaina ed eroina: «Confidando nella giustizia sapremo dimostrare che moltissime delle ipotesi accusatorie sono inconsistenti in quanto basate anche su una “prova debole” come le intercettazioni». Inoltre, aggiunge il legale, «la metà delle ipotesi di reato è stata identificata come “comma 5”», la forma meno grave di spaccio, quella di «lieve entità».
Secondo la ricostruzione degli investigatori i due indagati avrebbero continuato a operare anche durante il periodo di lockdown, andando a rifornirsi di droga oltre confine: «Si tratta invece di episodi avvenuti tutti fra maggio, giugno e luglio, quando la maggior parte delle restrizioni era stata sollevata».
Oltre ad avanzare dubbi sulla ricostruzione complessiva dell’accusa, il legale di Pironti e Terpin critica anche le modalità di comunicazione scelte in questo caso dalle forze dell’ordine, nella fattispecie il comunicato della Questura e della Polizia giudiziaria, nonché il post della pagina Fb della Polizia locale, “Agente Gianna”: «Il termine “arresti” – scrive Cattarini – è stato utilizzato in modo fuorviante, atecnico ed errato, in quanto nessuno è stato arrestato in flagranza di reato, come la platea di lettori potrebbe intendere. Si tratta dell’esecuzione di una ben diversa misura cautelare degli arresti domiciliari per fatti precedenti, concetto, appunto, giuridicamente diverso dall’arresto». Cattarini depreca poi la scelta di termini come «accertato» per i fatti imputati a Pironti e Terpin, dicendo che così si dà per assodata una colpevolezza che dovrà invece venir confermata o smentita dal processo: «Lo stesso gip nel provvedimento ricorda la necessità che vi siano riscontri effettivi per poter porre limitazione alla libertà delle persone, e in ogni caso sottolinea la differenza tra la fase di indagini e la fase successiva di accertamento giudiziale in contraddittorio con la difesa». —
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