La genetica fai-da-te per chi cerca guai

Le insidie di internet raccontate dal presidente di Icgeb Mauro Giacca

TRIESTE Sono state tante centinaia le persone che sabato scorso hanno visitato i laboratori dell’Icgeb di Trieste nella giornata dell’Open Day, attirate non soltanto dalla curiosità di vedere gli ambienti ma anche di provare in prima persona l’emozione di condurre piccoli esperimenti di ingegneria genetica.

Questa curiosità di smanettare con i geni non è peraltro una vocazione nostrana: secondo la Brookings Institution di Washington, sono più di trentamila gli entusiasti che negli Stati Uniti e in Europa, in diverse centinaia di laboratori improvvisati nel garage o nel soggiorno di casa propria, si dedicano alla biologia Do-It-Yourself (Diy), in cui compiono esperimenti di genetica usando in prevalenza batteri o lieviti. E ovviamente esiste un sito web che rappresenta la loro associazione (https://diybio.org) connesso a un immancabile gruppo Facebook in cui scambiarsi ricette e consigli.

Finora questo movimento di amateur ha fatto sorridere chi di ricerca si occupa seriamente, non senza alcune note di colore. Un anno fa un biohacker (come amano definirsi i biology Diy) si è iniettato un Dna che sperava lo facesse diventare muscoloso; un altro si è auto-somministrato un trattamento contro l’herpes; un terzo ancora una pozione genetica contro l’Hiv. Ovviamente, nulla di tutto ciò ha funzionato. Ma se questa ingenuità può sembrare tristemente divertente, ecco che invece il New York Times, in un suo articolo dello scorso 18 maggio, pone l’accento su un aspetto da non sottovalutare. Per un biohacker sarebbe oggi relativamente semplice ordinare a una delle tante aziende che sintetizzano il Dna una serie di segmenti che, una volta re-assemblati, possano ricostituire un agente patogeno.

Ci è riuscito, senza peraltro alcun senso scientifico, proprio questo mese un laboratorio dell’Università di Alberta, in Canada, che in quattro e quattr’otto ha resuscitato una versione del virus del vaiolo dei cavalli, che era praticamente scomparso dalla terra.

Ecco che allora questo ingenuo mondo dei biohacker da garage potrebbe generare potenziali batteri dell’antrace resistenti agli antibiotici, ceppi di influenza particolarmente trasmissibili o altri agenti patogeni. Tutto questo con le ricette trovate in internet, un po’ di infarinatura di biologia imparata al liceo e i consigli dei pseudoesperti che pontificano sui social. Anche in questo caso, la superficialità di internet unita alla presunzione umana rappresentano un pericolo che è bene non sottovalutare.

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