«La Momatic scappa in Slovenia e noi restiamo senza lavoro»

Il capannone con le attrezzature da lavoro è desolatamente vuoto. Tutto intorno un silenzio irreale. Un’altra realtà triestina del settore industriale deve fare i conti con un futuro alquanto incerto. E’ il caso della Momatic, ditta che opera nel montaggio e nel collaudo delle valvole oleodinamiche, con una produzione destinata al settore dell’automobile ed a quello petrolifero. I sette dipendenti dell’azienda da ieri sono in stato di agitazione e hanno deciso di scioperare ad oltranza, attuando un presidio davanti all’ingresso della sede di via Errera. Da luglio e fino a metà ottobre sono in cassa integrazione a rotazione, ma la loro preoccupazione è quella che la situazione possa precipitare ulteriormente, con la chiusura dell’azienda.
La Momatic nasce nel 1995 da una costola della Est Due, ditta meccanica di precisione, portandosi dietro una decina di lavoratori, alcuni interinali. Un passaggio non proprio indolore, visto che gli stipendi dei dipendenti vengono immediatamente ritoccati verso il basso. Ma i problemi maggiori arrivano una decina di anni dopo, nel 2005, quando la produzione della Momatic inizia ad essere delocalizzata nella vicina Slovenia, con la conseguente riduzione progressiva del lavoro di montaggio da parte dell’azienda. Un’operazione che, secondo i sette dipendenti superstiti, deriva da ragioni squisitamente economiche, con un risparmio in termini di costi di produzione per la proprietà, ma – precisano – con una conseguente perdita di professionalità nella manodopera e nella qualità del prodotto finito. Nel frattempo ad alcuni lavoratori viene chiesta la disponibilità a trasferirsi oltre confine. Un segnale che il futuro dell’azienda è destinato a delinearsi lontano da Trieste. Ecco che allora scatta la decisione unanime di incrociare le braccia, almeno fino a che non arriveranno risposte chiare sul futuro della Momatic da parte della ditta madre, la Atos di Varese.
«Quando abbiamo iniziato a lavorare qui eravamo dei ragazzi – spiega Mauro Mikol, capo officina della Momatic -. Siamo cresciuti insieme, un gruppo unito come una famiglia. Non è concepibile buttare via un lavoro così importante, costruito con fatica e sacrifici nel corso di tutti questi anni». Gualtiero Nigris lavora nel settore da oltre trent’anni: «Non è giusto accantonare professionalità e qualità solo per questioni di opportunità e per una ingiustificata estremizzazione del risparmio a tutti i costi». Michele Fatuzzo è stato assunto nel ‘95, proprio quando è nata la Momatic. «C’è grande amarezza nel constatare che si rischia di perdere il posto di lavoro non per un fallimento dell’azienda, ma per una scelta economica. Ho un mutuo da pagare, una famiglia da mantenere, non ho esperienza in altri campi. Se qui si chiude non saprei proprio dove andare».
Pierpaolo Pitich
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