La morte di Simone va in prescrizione

Estinto il reato di omicidio colposo per i medici Domini e Caserta. Disposto il pagamento della provvisionale in sede civile

Si è chiusa con la prescrizione del reato di omicidio colposo la drammatica vicenda del piccolo Simone Ceretta, primogenito figlio dell’assessore comunale di Gorizia Stefano Ceretta e di Anna Culot, a causa di una gravissima sofferenza cerebrale che si era manifestata dopo il parto, avvenuto all’ex Punto Nascita dell’ospedale di Gorizia. In stato di coma, il neonato era stato trasferito d’urgenza al Burlo Garofolo di Trieste. Ma nel giro di una settimana il piccolo era deceduto.

I fatti risalgono all’ottobre del 2008. Il procedimento è culminato nella fase finale in sede di Appello. Per gli imputati, i medici Daniele Domini e Luigi Caserta, la Corte ha pronunciato la sentenza di «non doversi procedere» in ordine al reato estinto per prescrizione. La Corte ha tuttavia disposto il pagamento della provvisionale a favore delle parti civili, i genitori del bimbo, con la condanna anche del pagamento delle spese di costituzione di parte civile. Il tutto demandando in sede civile il risarcimento del danno. Il dispositivo è stato pronunciato il 23 febbraio scorso, le motivazioni sono state depositate il 30 giugno scorso.

Prescrizione del reato di omicidio colposo, dunque. Ma come ha spiegato il legale che tutela i genitori del piccolo Simone, avvocato Enrico Agostinis, resta la responsabilità ascritta ai due ginecologi che erano stati già condannati dal Tribunale di Gorizia. L’avvocato Agostinis, infatti, ha argomentato: «La Corte di Appello, pronunciando l’estinzione del reato, ha riconosciuto la responsabilità piena già affermata con la condanna di primo grado per entrambi i medici. Una responsabilità tanto nitida da aver il Collegio triestino accolto proprio la provvisionale richiesta dalla parte civile. Non risultano impugnazioni, per ciò che concerne gli interessi civili, alla sentenza d’Appello, pertanto il procedimento è da considerarsi concluso».

Il legale dei genitori del bimbo ha confermato che vi sarà ora ricorso al giudice civile ai fini del pieno risarcimento del danno. E ha osservato: «Resta da capire, a questo punto, se e come si siano posti nei confronti dei due ginecologi già condannati in primo grado l’Ordine dei medici e l’Azienda sanitaria in ordine all’assunzione di eventuali provvedimenti loro istituzionalmente demandati».

Il deposito dell’Appello risale al 23 novembre 2015. La prescrizione è intervenuta il 24 aprile dello stesso anno. Un procedimento evidentemente doloroso. Nel marzo 2015 era stata pronunciata la sentenza di primo grado. Il giudice Rossella Miele aveva condannato Domini ad un anno di reclusione e Caserta a sei mesi. Sospensione condizionale della pena, risarcimento danni sempre demandato al procedimento civile. Il pubblico ministero, Valentina Bossi, aveva richiesto un anno di pena per entrambi.

Durante il processo le parti avevano coinvolto almeno una decina di periti e superperiti. Gli esperti nominati dall’accusa avevano dichiarato che Simone «avrebbe potuto salvarsi se l’equipe medica avesse deciso di eseguire prima il taglio cesareo. Il neonato è morto a causa della prolungata mancanza di ossigeno». Secondo le difese, invece, il bimbo era «sofferente al cuore, e non era possibile fare nulla». Né, sempre per la difesa, «c’erano stati indicatori per attrezzare la sala operatoria per il cesareo» e «la gravidanza come il travaglio della signora erano stati regolari». Un parto spontaneo durante il quale era stata riscontrata una forma di bradicardia. Pulsazioni deboli. Poi il cesareo e la sofferenza cerebrale che aveva determinato lo stato di coma dal quale il piccolo non s’era più ripreso.

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