La Paranza di Francesco Di Napoli «Ho pianto quando ho ucciso»

All’attore protagonista del film di Giovannesi verrà consegnato il Premio Prospettiva dedicato alle giovani promesse del cinema italiano



Francesco Di Napoli ha compiuto 18 anni il 24 giugno, ma la grande occasione della vita è arrivata già due anni fa, quando il regista Claudio Giovannesi l’ha scelto fra oltre 4000 adolescenti come protagonista del suo film “La paranza dei bambini”, tratto dal romanzo di Roberto Saviano.

Col ruolo di Nicola, sedicenne diviso tra innocenza e violenza che diventa boss di un gruppo di camorristi ragazzini nel Rione Sanità a Napoli, Francesco è volato al Festival di Berlino, dove il film ha vinto il premio alla miglior sceneggiatura. All’epoca lavorava in una pasticceria, oggi è un attore richiestissimo: in queste settimane è sul set di “Romulus”, la nuova serie Sky sulle origini di Roma, diretta da Matteo Rovere.

Di lui sentiremo senza dubbio parlare ancora molto: anche per questo ShorTS ha deciso di assegnargli il Premio Prospettiva 2019 che consacra le giovani promesse del cinema italiano.

Francesco, com’è iniziata la sua avventura da attore?

«È nata per caso: mi hanno trovato su una foto di Facebook e ho fatto il provino per “La paranza dei bambini”. Non mi ero mai accorto di saper recitare, non avevo mai fatto niente da attore».

Cosa cercava Giovannesi nel protagonista?

«Tre cose: un viso angelico e pulito, talento per la recitazione e la conoscenza diretta dei fatti dei nostri quartieri. Gli eventi di cronaca raccontati nel film sono veri. Abito nel quartiere Traiano, mi è capitato di vedere situazioni simili a cento metri di casa mia. Le ho vissute sulla mia pelle guardandole da lontano, ma non ho mai avuto la tentazione di cadere, come invece è accaduto ad altri ragazzi che si sono trovati in grandi difficoltà economiche o che magari non hanno un padre. Nicola, ad esempio, non ha un padre e inizialmente cade nella tentazione del crimine per fare giustizia ai ricatti che subiva la mamma».

Qual è stata la scena più difficile?

«Il punto di non ritorno di Nicola, quando ammazza un uomo. Nel primo ciak di quella scena mi è venuta una stretta allo stomaco a sentire il rumore dello sparo e vedere il buco nella maglietta realizzato dagli effetti speciali: mi sono sentito male. E lì ho scoperto anche di saper piangere per finta».

Napoli è spesso rappresentata al cinema e in tv attraverso storie di camorra, ma “La paranza dei bambini” è completamente diverso dall’epica criminale di “Gomorra”…

«Infatti molti mi hanno scritto che, rispetto a “Gomorra” più crudo, con questo film erano arrivate al pubblico anche la sensibilità e la fragilità di Nicola. Merito di Giovannesi e Saviano che hanno resto la storia più profonda».

C’è qualche tratto di Nicola nel quale si riconosce?

«Nell’affetto per la mamma, il fratello e gli amici. Nicola fa cose sbagliate, ma quasi ingenuamente, come capita spesso ai ragazzi della mia età. Ma c’è chi riesce ad uscirne e chi non ci riesce».

Adesso è sul set di “Romulus”, una serie attesissima…

«Sto dando il cento per cento, un lavoro completamente diverso rispetto a “La paranza”, e recitato in proto latino. Ci tenevo a interpretare un ruolo non in napoletano per dimostrare che non so fare solo quello».

Un sogno per il futuro?

«Diventare un attore come Alessandro Borghi ora, o Pierfrancesco Favino. Essere un’immagine positiva per tutti. Da piccolo vedevo solo cinepanettoni, ora sto scoprendo un altro cinema». —

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