La Passerella tra Ferroviario e Magazzini. Il check point che portava ai bagni di mare

Un ponte verso gli stabilimenti riservati ai dipendenti delle aziende e ai loro familiari
La passerella che porta al bagno Ferroviario. Oggi dismessa, è il simbolo della ricreazione balneare per i dipendenti delle aziende portuali
La passerella che porta al bagno Ferroviario. Oggi dismessa, è il simbolo della ricreazione balneare per i dipendenti delle aziende portuali

La chiamavano la Passerella. Era agile e slanciata. I sassi, le rotaie, la massicciata, per lei non erano un problema. Li scavalcava in un balzo solo. Si lasciava dietro il caos di veicoli, tram, ciclomotori che percorrevano viale Miramare. E portava al mare, al favoloso mondo dei bagni. Elegante manufatto di ferro, ancora oggi la Passerella guarda dall'alto in basso le file dei binari che, là sotto, si spingono fino a Bovedo Park. Ma lo scalo è dismesso, le rotaie sono abbandonate. Abbandonata è anche lei. Nessuno la percorre. Per arrivare ai bagni, ci sono oggi vie d'accesso più comode. Orizzontali, terra terra. C'è stato un tempo - le estati degli anni '50, degli anni '60, forse anche i '70 - in cui la Passerella era protagonista. Tanto lei svettava, sopraelevata, esibizionista, quanto loro, i due stabilimenti, erano discreti, esclusivi, di nicchia: bagni aziendali. Uno riservato ai dipendenti delle Ferrovie. L'altro (che oggi si chiama Bagno Marino Sociale Cral Apt) ai dipendenti del Porto. Uno dipinto di riposante azzurro marino.

L'altro di giallo ocra, solare. Qualcuno li ricorda ancora con i vecchi nomi: il Ferroviario, i Magazzini. Perché ben prima di essere elevati al titolo di Autorità Portuale, quei chilometri di costruzioni fin dal 1879 erano stati denominati Pubblici Magazzini Generali. Appendici balneari d'azienda, insomma. Niente a che fare con l'olimpo degli stabilimenti triestini. Né l'aristocrazia di Ausonia e Excelsior, né il volto popolare di Lanterna e Topolini. Quei due gruppi di edifici, il Ferroviario e i Magazzini, che fin dagli anni Venti costeggiano i binari, erano invece oasi balneari tra la frenetica attività del porto e la sua movimentazione ferroviaria. Ci si arrivava con il tram.

La fermata era all'altezza del civico 30 di viale Miramare. A quel tempo le vetture della linea numero 6 sferragliavano in sede propria, a lato della carreggiata. L'immaginazione corre subito alla larghezza che doveva avere allora l'arteria, affiancata dal doppio binario dei tram, a volte dotati pure di rimorchio. Il civico 30 era - e ancora è - un casotto fatiscente. In quegli anni di Guerra Fredda, il casotto rivaleggiava con Checkpoint Charlie di Berlino, a cominciare da certe severe Guardie di Finanza schierate là a sorvegliare che nulla entrasse e uscisse dai recinti del Punto Franco. Ottenuto l'ok dei finanzieri, bisognava affrontare la scala che portava su, alla Passerella bollente come il sole che la arroventava. Rumore di sandali sul metallo, carrozzine e passeggini sollevati a braccia, cappelli di paglia col nastro contro la calura. Ma nelle narici già l'odore del mare.

Percorsa la Passerella, il favoloso mondo dei bagni si apriva - e continua oggi ad aprirsi - ai fortunati clienti aziendali. Le terrazze, i trampolini, la zattera, i moli con le docce, la vasche con la sabbia. Merita ricordare - in tema di epidemie - che le vasche furono eliminate perché si sospettava che la sabbia, tanto amata dai bambini, veicolasse il più temibile dei virus di allora: quello della poliomielite. Poi venne il vaccino. In quel momento però, niente secchielli e castelli. La ghiaia delle due minuscole spiagge era considerata più salubre. Perciò salvagenti, materassini, paperette. I mondi aziendali sono mondi a parte. Così al Ferroviario e ai Magazzini il "prime time", il momento dell'afflusso, era il mezzogiorno. I dipendenti raggiungevano le mogli e i bambini per lo stretto giro d'ore della pausa-pranzo. Il cibo veniva fatto arrivare dalla mensa. Le penne al pomodoro erano le stesse, ma operai e impiegati mangiavano a tavoli separati. Altri tempi. Altre classi sociali. Interclassista era invece il pomeriggio. Poche le donne-salamandra stese immobili al sole, molte invece le signore che sotto le stuoie di paglia inanellavano una dopo l'altra partite di scala quaranta, ramino, canasta. Il burraco era ancora in gestazione. Al tramonto, ubriachi di sole e sale, tutti riprendevano la stessa via:

Passerella e checkpoint portuale. Si sa che nei porti le merci prosperano. Prosperavano anche nelle borse da mare, che tra creme solari e asciugamani, a volte accoglievano pure souvenir per un inoffensivo contrabbando locale. Allora sì, poteva scattare la perquisizione. A quel compito, parecchio invasivo, era adibita una "finanziera". Dalle borse di paglia affioravano, un giorno sì e uno no, stecche di sigarette, pacchi di caffè, qualche bottiglia di liquore. Il brandy Stock, "famoso nel mondo", veniva imbottigliato a poche decine di metri di distanza. Contrabbando a parte, nulla sembra cambiato da allora. Due settimane fa, allentate le ordinanze sanitarie, il Ferroviario ha ripreso la sua attività, con alcune limitazioni, e si avvia a festeggiare i suoi primi cento anni (accadrà nel 2025). In un riavvio sperano intanto i bagnanti del Circolo portuale. La Passerella, non più calpestata dal 2016, è rimasta intatta. Campione di archeologia portuale. Anzi, balneare. —

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