La Procura apre un’inchiesta sul coltan venezuelano in porto

La Procura di Trieste ha aperto un fascicolo sul carico di coltan custodito nel porto di Trieste, proveniente dal Venezuela. Il reato ipotizzato sarebbe la mancata etichettatura del container con il simbolo della radioattività. Nel frattempo l’avvocato Federico Pastor, che ha collaborato con la società importatrice, interviene per spiegare: «Il progetto è partito un anno fa quando in Venezuela non era iniziata l’escalation. E l’idea è di creare una lavorazione del materiale all’interno del porto franco di Trieste. Tutto legale e tutto alla luce del sole». Quanto all’ipotesi di reato, precisa: «Se ci saranno contravvenzioni da pagare, la società le pagherà».
Cominciamo col lavoro della Procura. La notizia dell’apertura dell’inchiesta è stata diffusa nel pomeriggio di ieri attraverso fonti d’agenzia. La Procura procede contro più persone in merito all’arrivo nel porto di Trieste di 5 tonnellate di coltan proveniente dal Venezuela. La magistratura, scrive l’agenzia Ansa, ipotizzerebbe un reato di natura contravvenzionale derivante da un articolo sull’impiego pacifico di energia nucleare, ovvero la mancata etichettatura di cui in attacco d’articolo. Su disposizione della magistratura la Guardia di Finanza avrebbe compiuto alcune perquisizioni, mentre a Palazzo di Giustizia sarebbero già stati ascoltati numerosi testimoni.
Ulteriori accertamenti sono in corso per chiarire la vicenda e, soprattutto, la regolarità dell’importazione.
Riassumiamo per sommi capi. Un carico di coltan, minerale utilizzato in produzioni ad alta tecnologia come quelle aerospaziali, informatiche o delle telecomunicazioni, è stato sbarcato nel porto di Livorno. A metà marzo è stato portato via gomma nel porto di Trieste dove, tre settimane fa, è stato sottoposto a sequestro probatorio. Il coltan, ricordiamo, è leggermente radioattivo. Ma la polemica sul carico non verte tanto su questo quanto sulla sua provenienza, il Venezuela, un Paese sull’orlo della guerra civile. Un fatto che ha portato la parlamentare del Partito democratico Debora Serracchiani a rivolgere un’interrogazione al governo sui rapporti fra l’Italia e il contestato esecutivo Maduro. Lo stesso presidente venezuelano aveva fatto riferimento al carico ancora nel maggio scorso.
L’avvocato Federico Pastor, indicato dal sindaco Dipiazza come un mediatore per gli importatori del materiale, interviene per spiegare la ratio dell’operazione che, assicura, «si è svolta del tutto alla luce del sole»: «Il carico di coltan appartiene a una società fondata da un cittadino venezuelano che vive a Trieste. Questo imprenditore ha ottenuto dal governo venezuelano la concessione per la gestione di un centro minerario in cui si estrae il metallo». L’obiettivo della società, spiega ancora l’avvocato, è importare il coltan in Europa sfruttando le caratteristiche peculiari del porto di Trieste: «Il progetto è partito un anno fa, quando la situazione venezuelana e internazionale era diversa. L’idea era di indirizzare qui questo genere di importazione extra-Ue». A seconda della risposta del mercato, aggiunge, «esiste la possibilità in prospettiva lavorare in loco il materiale, avviando una produzione di microchip, sfruttando le caratteristiche dei punti franchi». La località individuata era l’area ex Wartsila di FreeEste. A tal fine si è svolta nei mesi scorsi la visita a Trieste di una delegazione ministeriale venezuelana: «L’impresa è una joint-venture fra pubblico e privato».
Il carico ora bloccato in Porto nuovo, prosegue Pastor, era di fatto l’importazione pilota del progetto. «Durante le operazioni di importazione sarebbero stati commessi degli errori - spiega -. Il coltan è contenuto in dei fusti che sono stati contrassegnati con il simbolo della radioattività, come impongono le regole internazionali. Il vettore su cui i fusti sono stati portati a Trieste, però, non avrebbe avuto lo stesso contrassegno. Si configura quindi una contravvenzione al decreto legge 230 del 1995. Di fatto sarebbe un errore imputabile allo spedizioniere più che all’importatore, che al massimo ha mancato alcuni processi di notifica. Ma poco importa, se ci saranno sanzioni da pagare, le pagherà». Le indagini sono condotte da parte dei militari della Guardia di finanza e del Nucleo operativo ecologico dei carabinieri. La settimana scorsa, spiega Pastor, gli uomini del Noe e i tecnici dell’Arpa hanno prelevato dei campioni dai fusti per condurre delle analisi: «I risultati potrebbero arrivare nel giro di un mese». Quanto ai possibili risvolti politici, conclude Pastor: «Credo che le polemiche siano sproporzionate». Pastor mantiene il riserbo sull’identità dell’imprenditore e della società, «viste le indagini in corso». Fatti di cui, come della partecipazione del governo di Caracas all’impresa, devono ancora esser chiariti tutti i dettagli.—
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