La scure di Palazzo colpisce i portaborse

TRIESTE. Non solo il taglio delle indennità e dei fondi ai gruppi. Nello schema di riduzione dei costi della politica, in linea con il dettato del governo Monti, la Regione prepara la rivoluzione dei portaborse. Se si intervenisse anche sugli addetti di segreteria a disposizione di presidente del Consiglio e commissioni (un totale di 13), si scenderebbe a numeri inferiori del 30% rispetto a oggi. Altrimenti il calo sarà inferiore: dagli attuali 68 a 61. Il decreto Monti dà la linea pure sulle segreterie. E prevede un numero di addetti pari ai consiglieri. Al costo pro capite di un dipendente in categoria D6, poco meno di 4mila euro mensili lordi.
Ieri, nella seconda riunione del tavolo, si è avviato il ragionamento su una soluzione che conterrebbe i portaborse a 48 (il numero di consiglieri dopo la riforma di inizio anno, tolto il governatore) e assegnerebbe a ciascun gruppo una quota fissa. A quanto pare si va dunque verso il superamento della legge 52 del 1980, che consente spazi di manovra più ampi. Quell’articolato prevede infatti la presenza di una unità di categoria fino alla D, con funzioni di capo, tre unità di categoria fino alla D per i gruppi fino a quattro consiglieri o quattro unità per i gruppi con più di quattro consiglieri. E ancora una unità, della stessa categoria, ogni due consiglieri privi di incarichi di giunta. Ma c’è anche da tenere conto delle segreterie di ufficio di presidenza e commissioni, un capitolo che non dipende dalla 52 ma che alza il numero dei portaborse del Consiglio a 68. Si tratta dei 4 addetti per il presidente, dei 2 per i vicepresidenti e dei 7 per ciascun presidente di commissione, compreso il comitato per la legislazione e il controllo.
Verranno eliminati o ci si limiterà a ridurre le caselle dei gruppi, oggi potenzialmente 55 (14 per il Pd, 9 per il Pdl, 7 per il Movimento 5 stelle, 6 per Autonomia responsabile, 5 ciascuno per Cittadini, Sel e Lega Nord, 4 per il gruppo Misto)? Partita aperta, non diversamente dalla questione economica. Perché un conto è chiamare a far parte delle segreterie dei gruppi tutti D6, un altro è inquadrare posizioni inferiori e quindi meno onerose. Tra le ipotesi certe di lavoro c’è infine la cancellazione di un benefit che i gruppi hanno spesso sfruttato: la trasformazione delle mancate assunzioni in denaro da poter utilizzare per l’attività politica. Un quadro di massima che andrà ulteriormente approfondito mercoledì 10 luglio nella terza seduta del tavolo di lavoro.
Ieri, presenti con i capigruppo il presidente Franco Iacop, il vicepresidente Paride Cargnelutti e il presidente della quinta commissione Vincenzo Martines, si è analizzato un documento che fotografa la situazione sullo stato di attuazione del decreto legge 174 del 2012 nelle Regioni con uno schema di sintesi, elaborato dall'Osservatorio legislativo interregionale, in merito al finanziamento dei gruppi e al trattamento economico dei consiglieri per quanto riguarda indennità di presenza, di funzione e di esercizio di mandato. «Da quel testo – spiega Iacop – emerge che il trattamento ai rappresentanti politici sarà trasparente e confrontabile a livello nazionale. E, anche nel nostro caso, ci sarà una prevalenza dell'indennità di presenza rispetto alle altre due». Mercoledì si dovrebbe perciò entrare nel merito delle cifre (la proposta Serracchiani è di 6.135 euro lordi mensili per i consiglieri), della riduzione dell’indennità di fine mandato e della possibile abrogazione del sistema contributivo (che garantisce, stando alle ultime simulazioni, un vitalizio di 600 euro lordi dopo un mandato). Al termine della prossima riunione i lavori proseguiranno con un gruppo ristretto (con Cargnelutti, Dipiazza, Martines e un paio di esponenti della maggioranza). L’obiettivo è di arrivare in commissione il 22 luglio con un progetto di legge da presentare in aula il 30.
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