La Slovenia tassa gli immobili. Resta il rebus della Chiesa

L’imposta sarà dello 0,1% sul valore commerciale dell’abitazione privata. La Conferenza episcopale: «Non facciamo commerci quindi no all’imposta»

LUBIANA La nuova coalizione di governo della Slovenia sta entrando in piena fase operativa. Questo fine settimana il governo presieduto da Marjan Šarec presenterà la nuova legge relativa alla tassazione degli immobili. Una questione molto scottante, in quanto si tratta di mettere le mani nei portafogli del contribuente, e poi perché ritorna la “vexata quaestio” se tassare o meno anche gli immobili della Chiesa. E questo dopo che si è già deciso di mettere una lente sull’utilizzo dei fondo che lo Stato eroga alle Comunità religiose registrate nel Paese.

Slovenia, lo Stato controllerà l’uso dei suoi fondi alle Chiese


Il ministero delle Finanze, secondo indiscrezioni di stampa, ha già individuato le fasce in cui si articolerà il provvedimento. Case e abitazioni pagheranno un’imposta pari allo 0.1% del valore commerciale dell’immobile in questione. Negozi e locali commerciali come ristoranti e bar pagheranno lo 0,6% del valore commerciale, mentre le industrie verseranno all’erario di Stato lo 0,15% del valore commerciale dell’immobile. Per i campi è prevista una tassa pari allo 0,007 del valore commerciale dell’appezzamento. Le simulazioni fatte al ministero dimostrano che con questo sistema lo Stato incasserebbe dal 20 al 30 per cento in più rispetto al regime vigente sul cosiddetto compenso di costruzione.

Sul rebus Chiesa esistono varie posizioni. Quella tecnica, espressa al Delo di Lubiana da Darko Končan, ex sottosegretario alle Finanze sostiene che con l’allargamento della tassazione agli immobili ecclesiastici l’importo dell’imposta potrebbe scendere in quanto aumenterebbe la quantità imponibile. «Tutti gli immobili sono rilevanti - spiega Končan - e quando si parla delle proprietà della Chiesa lo si quasi sempre in modo troppo approssimativo». «Il fatto è che anche negli obiettivi sacri si possono svolgere attività economiche - avvisa l’esperto - nelle sacrestie si possono vedere appesi i tariffari di matrimoni, comunioni e cresime e questo l’ho spiegato anche ai vescovi quando sono venuti anni fa al mio ministero». Il problema reale è che i partiti, conclude, si approcciano a tale tema solo sul versante politico trascurando quello tecnico.

La Conferenza episcopale slovena, dal canto suo, risponde di non avere un elenco preciso dei propri beni, ossia quelli delle curie, delle parrocchie e delle varie associazioni cattoliche e chiede che questi, dove si svolge un’opera umanitaria e di divulgazione della fede assolutamente no profit vengano esclusi dalla tassazione. E i partiti come la pensano? Sull’argomento, in Slovenia, estrema destra (Sns) ed estrema sinistra (Levica che dà il suo fondamentale appoggio esterno al governo Šarec) sono d’accordo: vanno tassati anche beni della Chiesa e questo per uniformarsi al modello francese (Sns) e per un fatto di giustizia sociale (Levica).

La Smc dell’ex premier Miro Cerar (coalizione di governo) vorrebbe una tassazione solamente sugli immobili in cui si effettuano operazioni commerciali e questo dopo un preciso censimento degli stessi. Nuova Slovenia (Nsi) all’opposizione e i socialdemocratici (Sd) al governo, invece sono contro la tassazione degli immobili ecclesiastici. Sds e Alleanza per Alenka Bratušek non hanno ancora espresso la propria posizione.

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