La storia di Ronchi nei muretti a secco ora riconosciuti bene dell’umanità

Hanno creato numerosi paesaggi, fornendo diverse modalità di costruire case e di organizzare coltivi e allevamenti. Si legge anche questo nella motivazione Unesco che, nei giorni scorsi, ha riconosciuto i muretti a secco patrimonio dell’umanità.
Un’umanità, un modo di vivere e di gestire il territorio che fanno parte del passato. Un passato che, a Ronchi dei Legionari, fa rivivere l’epoca in cui, proprio nella cittadina, avevano fissato la loro residenza numerose famiglie di proprietari terrieri, i De Dottori, i Blasig, i Cosolo, solo per citarne alcuni. Un passato fatto di agricoltori, di mezzadri, di studiosi come l’abate Berini o Leonardo Brumati e che si lega alle testimonianze, ancora oggi esistenti sul territorio, di numerosi muretti che delimitavano gli appezzamenti o le proprietà.
Ronchi dei Legionari, dunque, si prepara a valorizzarli, a curarli, a divulgarli e chissà che l’assessore alla Cultura, Mauro Benvenuto, non pensi anche ad una pubblicazione o ad una serie di targhe per ricordare questo passato.
Alcuni di questi muretti sono ancora rigorosamente a secco, mentre altri, nel corso degli anni, hanno visto la mano dell’uomo che, per consolidarli e mantenerli, hanno iniettato malta o calce.
Una delle prime testimonianze si trova lungo via dei Campi e qui il muretto, molto basso, è ancora in parte solo formato da pietre sistemate una sull’altra.
Il rione di Vermegliano ne è ricco: muretti agricoli che racchiudono proprietà oggi solo abitative, li troviamo lungo via Monte Sei Busi o percorrendo salita Ottone Pecorari. Non mancano nemmeno lungo via Mazzini, singoli resti di quella che era la recinzione che, fino a una ventina di anni fa, racchiudeva il mulino Pussini.
A Selz, nei pressi di villa Cappelletti, antica famiglia agricola e dedita alla coltivazione della vite, ma anche lungo viale della Serenissima e laddove si trovava l’ex Cotonificio Triestino.
Nel quartiere di San Vito resti li troviamo accanto al piazzale dedicato a Villanorma Micheluz, si può notare anche un arco laddove c’era l’ingresso ad una proprietà terriera.
Poco lontano una testimonianza davvero eccezionale. Quello che si sviluppa tra via Aquileia e via 24 Maggio, infatti, non è un muro qualsiasi. Interessante, infatti, è quanto riporta il libro di Katharina Zanier “Tra Aquileia e Lacus Timavi”, che parla proprio dei blocchi reimpiegati nella “Braida de Dottori” a Ronchi dei Legionari. «Si tratta di un numero considerevole di grandi elementi lapidei, estratti dalla struttura del ponte in occasione dello scavo effettuato nel 1770 da G. B. de Dottori... I blocchi sono stati reimpiegati come pilastrini decorativi del muro di recinzione della proprietà de Dottori».
Anche Silvio Domini, nel suo lavoro “Ronchi dei Legionari – Storia e Documenti” del 1998”, riporta che le pietre del ponte romano esistente nei pressi dell’attuale villa Von Hinke «... furono usate dal De Dottori come pilastrini decorativi sopra l’alto muro della sua proprietà, dove ci sono ancora, e presentano superiormente l’incavo dell’arpese che le univa per dare ai pilastroni la forza di resistere alla forte corrente».
Grazie all’intervento di un privato, due anni fa, è stata fatta rinascere l’antica cinta muraria di via della Santissima Trinità, quella che, un tempo, raccoglieva la casa colonica e le proprietà della famiglia De Dottori, la stessa che fu proprietaria della vicina settecentesca chiesetta.—
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