L’adozione, le arti marziali e la solidarietà: la vita di Esubalew lega Trieste e l’Etiopia

De Gironcoli, dopo una tappa da volontario nel suo Paese d’origine, vuole ora avviare iniziative socio-culturali in città 
Il venticinquenne Esubalew De Gironcoli prima di un incontro di arti marziali. Foto di Giada Genzo
Il venticinquenne Esubalew De Gironcoli prima di un incontro di arti marziali. Foto di Giada Genzo

TRIESTE Le arti marziali per guarire i conflitti interiori, l’impegno nel sociale per alimentare il dialogo e l’integrazione. Si chiama Esubalew De Gironcoli, 25 anni il prossimo ottobre, residente dall’aprile del 2000 a Trieste ma nato in Etiopia a Gondar, un centro nella regione di Amhara. Rimasto orfano a poco più di due anni, è stato poi adottato da una famiglia triestina nell’ambito delle attività sostenute dal Cae (Centro Aiuti per l’Etiopia), una onlus impegnata in molteplici processi di sviluppo, dall’istruzione all’assistenza sociosanitaria, passando appunto anche per l’adozione, sia diretta che a distanza.

L’integrazione di Esubalew ha vissuto molteplici fasi, contraddistinte non solo dalla irrequietezza tipica giovanile ma anche dai tormenti dei ricordi dell’infanzia: «Da non avere più nulla mi sono trovato in una nuova famiglia, con cose tutte per me. Mi sentivo quasi in colpa – racconta il giovane etiope –. Capitava di avere spesso degli incubi, di vivere forti conflitti, volevo dialogare ma spesso mi isolavo».

Esubalew De Gironcoli troverà ben presto le sue “medicine”. Il giovane si rifugerà infatti nello sport, anzi nelle arti marziali, alla corte degli insegnanti Fabrizio Moresan e Corrado Sitar, della palestra “Il Gladiatore”, dove apprenderà le tecniche della Mma (Mixed Martial Arts) combattendo nella “gabbia”, il contesto più crudo delle discipline da combattimento: «In qualche modo anche i miei insegnanti mi hanno adottato – riconosce Esubalew –. L’esercizio e la disciplina mi hanno aiutato a crescere, a risolvere i miei conflitti. Combattendo in modo sportivo e leale, ho esorcizzato molte delle ombre che mi portavo dentro».

Nel frattempo matura anche una vita parallela, disegnata dal diploma all’Istituto Nordio, dal percorso universitario in Filosofia, dall’amore per gli animali, dai lavori da giardiniere ma soprattutto dagli interessi per l’arte, dal teatro alla pittura. Mancava soltanto una cosa: un tributo alle sue origini. E così nel 2019 Esubalew sfrutta un’iniziativa del Centro Aiuti per l’Etiopia e torna in patria, questa volta da volontario, lavorando negli ospedali, nelle carceri e persino tra le culle nell’orfanotrofio da cui partì alla volta dell’Italia. L’esperienza lo ha nutrito di maggior equilibrio, forza e consapevolezza, temi che il giovane intende ora tradurre anche nella “sua” Trieste: «Ho rivisto in Etiopia quel duro confronto tra la vita e la morte, ma ho conosciuto anche valori fondamentali – sottolinea –. Ora vorrei creare qualcosa di significativo, invitando non solo ad aderire alle adozioni della onlus Cae ma dando vita a iniziative socio-culturali che parlino del mio Paese anche sotto il profilo delle sue ricchezze e culture. La mia prossima sfida – conclude – è questa». —


 

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