Le Casermette segnano la storia tra profughi e piano regolatore

Oggi biciclettata alle 10.30 dall’ex Sanatorio  fino al sito e alle 12.20 si terrà un dibattito 
Diego Kuzmin

PUNTI DI VISTA



Nascono campo di prigionia nel 1942 le Casermette, vicino la Transalpina l’anno dopo l’invasione della Jugoslavia e la nuova provincia di Lubiana targa LB. Edifici spartani in mattoni trafilati delle vicine fornaci di Salcano, quartiere di eserciti: italiano, tedesco, XMas, Titini e infine Alleati fino al trattato di Parigi del ’47, quando coi nuovi confini imposti diventano Campo Raccolta Profughi, ancorché semidiroccate dagli ancora recenti bombardamenti americani.

L’originario complesso, cinto da muri con portone monumentale, sei edifici pianoterra, a ferro di cavallo rovescio, di qua e di là di una vasta piazza d’armi col Comando in fondo, viene ristrutturato nel 1950 per l’ospitalità temporanea di 700 esodati dai territori divenuti Jugoslavia, accogliendone invece 1.200 in condizioni terribili che solo patria matrigna riserva come Padriciano a Trieste, altro campo ex militare di analoga trista fama. Sulla Arena di Pola del 26 giugno ’74, Alessandro Bertani descrive i servizi gradualmente tolti (scuola elementare, asilo, sala ritrovo Tv, drogheria, cinema, posto di Polizia) man mano che il campo veniva sfollato: “in quegli anni veniva sgomberata quasi totalmente la parte destra delle Casermette e gli abitanti trasferiti nelle stanze rimaste libere della parte sinistra. Si adottò tale provvedimento considerando la spesa di riassetto di quest’ala... alcuni mesi fa sono stati demoliti quasi tutti gli edifici della parte destra, eccezione per una Casermetta il cui unico abitante rimastovi rifiuta l’ingiunzione di sgombero”, aggiungendo come nell’ala sinistra agli esuli si siano aggregati goriziani sfrattati, con 68 famiglie e 129 persone!

A vent’anni dall’esodo, incredibilmente nel 1966 col Piano regolatore Piccinato l’amministrazione decide che la zona – tutta in mezzo ai campi – diventi artigianale da collegarsi all’immaginifica tangenziale ovest, artigianalità confermata nel ’78 dal Piano Costa coi capannoni in costruzione, mentre il Piano Gregotti del 2001 destina quanto resta a “verde attrezzato”. L’anno prima, per il suo film “La seconda ombra” con Remo Girone in veste di Basaglia, Silvano Agosti scelse il tratto sinistro del recinto per raccontare l’abbattimento del muro che in manicomio separava maschi da femmine, squarcio di ruspa visibile dalla ricostruzione in laterizi di altro formato della ferma recinzione dei ruderi, fortezza Bastiani in attesa di qualcosa... —



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