«Le ossa ritrovate sono un messaggio del killer»

Una straniera, forse una prostituta irregolare in Italia, uccisa da qualcuno che conosceva e che probabilmente ha voluto, senza riuscirci, se non a otto anni dal delitto, mandare un messaggio. Giustiziata con tre coltellate e poi fatta a pezzi. Un avvertimento. Un monito.
A parlare - sul piano tecnico delle indagini relative al rinvenimento delle ossa di Basovizza e Medeazza - sono due esperti. Francesco Bruno psichiatra e criminologo di fama internazionale, ordinario all'Università della Calabria-Rende e direttore scientifico del master in Scienze forensi dell’Università La Sapienza di Roma e l’investigatore privato Edi Ciesco che ha lavorato negli ultimi anni nei casi più controversi e difficili come l’omicidio di Natalia Gonzales Fernandez, la cameriera colombiana dipendente del centro commerciale Le Torri d'Europa, uccisa il 22 aprile 2009 a Sincelejo o quello più recente di Ramon Polentarutti, scomparso il 14 aprile 2011: i suoi resti sono quelli rinvenuti nel novembre scorso nelle griglie delle vasche di raffreddamento della centrale A2A.
Il punto di partenza è quello delle indagini della squadra mobile coordinate dal pm Giorgio Milillo secondo le quali un filo sottile lungo otto anni collega lo scheletro trovato il 19 aprile in una buca nella zona boschiva nei pressi della casa cantoniera lungo la strada che porta a Basovizza con le ossa rinvenute l’11 settembre 2005 a Medeazza al confine tra le province di Trieste e Gorizia. Insomma si tratta della stessa persona.
Dice l’investigatore privato Ciesco: «Se l’assassino ha diviso i pezzi del cadavere, lo ha fatto perché non voleva fare riconoscere la vittima agli inquirenti. Perché temeva se la vittima fosse stata identificata gli inquirenti potessero arrivare a lui. Dunque è uno che conosceva bene la vittima. Ne sono convinto».
Il professor Bruno va oltre: «Tutto lascia pensare - osserva - che questa persona sia stata uccisa in un luogo chiuso e relativamente lontano dai luoghi del rinvenimento e poi fatta a pezzi».
Continua e punta alla “datazione” rappresentando un’ipotesi inquietante : «Le ossa che erano state trovate otto anni fa a Medeazza avevano anche dei resti di carne. Questo significa che l’omicidio era avvenuto proprio in quel periodo e che l’assassino aveva scarnificato la vittima. Perché? Un sistema per dividere ancora il corpo gettando la carne da un’altra parte, per esempio in mare, o l’azione di un serial killer, di un maniaco?».
Ci sono anche altri elementi nel ragionamento - teorico - del criminologo diventato celebre dopo il caso di Cogne: «Uno che sotterra un pacco con dei resti in un luogo, perché deve rischiare anche effettuando la stesa operazione in un altro posto? Sicuramente è più pericoloso questo tipo di azione. Ma forse - suppongo - potrebbe aver agito così perché voleva che i pezzi fossero ritrovati anche se non identificati. Questo era il suo obiettivo perché, sono sempre ipotesi, lo scopo dell’assassino era quello di far sapere a qualcuno che quella persona era stata punita: insomma un messaggio destinato solamente a chi doveva capire. Per questo penso a qualcosa in qualche modo collegato al traffico di prostitute dell’Est. Quei resti rappresentano in un certo senso una sorta di regolamento di conti».
Continua il ragionamento del criminologo: «Ritengo che l’omicida non sia una persona che abita nelle province di Trieste o Gorizia. È più facile supporre che si tratti di una persona che sia arrivata da oltreconfine e che appunto abbia lasciato i sacchi di nylon con i resti secondo una precisa strategia e che aveva appunto l’intenzione di far scattare le indagini fin da subito (anche se poi i sacchi di Basovizza sono stati trovati otto anni dopo). Perché era certo di non essere scoperto. E chi può avere questa certezza? Il suo desiderio era quello insomma di far sapere cosa era successo solo a quelli che dovevano saperlo. Infatti si è dimostrato che al momento è praticamente impossibile arrivare all’identificazione della vittima. Il suo, quello dell’assassino, è stato insomma un “lavoro fine”. Dunque stiamo parlando di un esperto, non certo di un marito che ha ucciso la moglie in un raptus di gelosia. Non avrebbe mai agito così. Piuttosto avrebbe avrebbe abbandonato il cadavere così com’era, senza farlo a pezzi».
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