Le rovine della Grande Guerra un presepe ricorda il 1918

Realizzato dalla famiglia Dessenibus in via 4 Novembre l’originale Natività propone una riproduzione della cittadina al tempo del rientro dei profughi
Bonaventura Monfalcone-17.12.2018 Presepe-Ronchi dei Legionari-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-17.12.2018 Presepe-Ronchi dei Legionari-foto di Katia Bonaventura



. Presepi in movimento, ma non solo, a Ronchi dei Legionari. È diventato una tradizione ed è meta di moltissimi visitatori, quello realizzato dalla famiglia Dessenibus, non al calduccio della propria abitazione, ma nel giardino di casa, accessibile al pubblico, lungo via 4 Novembre.

Ogni anno Luigi Dessenibus, assieme alla moglie ed alle figlie, lavora per mesi per realizzare una Sacra Famiglia del tutto particolare. Ma che sempre attira la curiosità della gente, per la ricerca storica, per l’ambientazione e per la minuziosità della costruzione del presepe. Ogni anno viene scelto un tema di cronaca, attualità o, come in questo caso, di storia locale. Questa volta è stato deciso di ricostruire, grazie ad una fotografia d’epoca, l’attuale piazza dell’Unità d’Italia, all’epoca in cui, era il 1918, i profughi di ritorno dal campo di Wagna e i soldati dell’ex impero austroungarico ritornavano tra le case abbandonate e distrutte. Allora la piazza si chiamava Alessandro Blasig, dal nome del podestà ronchese che l’aveva donata, ai primi del Novecento, alla sua cittadina.

È rinata in questo modo una Ronchi di Monfalcone che non esiste più, se non in quelle foto in bianconero che hanno ispirato il lavoro della famiglia Dessenibus che ha rappresentato il cuore della cittadina con i suoi edifici e con le persone che l’animavano cento anni orsono. Un’immagine della città uscita dalla Grande Guerra, fatta di edifici distrutti e di tanta povertà. Quella che tutti dovettero affrontare negli anni successivi, reduci da tre anni di conflitti che avevano pesato su tutto. Un presepe in bianco e nero, realizzato così volutamente, come racconta lo stesso Luigi, mentre l’unico tocco di colore è rappresentato dai quattro personaggi più grandi del soldato, una profuga con due figli ed un semplice asinello.

«Con l’aiuto di Giampaolo Cuscunà, che ci ha fornito un’immagine di cento anni fa – spiega – abbiamo ricostruito case e vie per far nascere il ritorno a Ronchi. È stata una bellissima ricerca ed un piacere realizzare tutto questo».

Il presepe è accompagnato, poi, dalle note malinconiche del maestro Ennio Morricone: grazie ad un amplificatore la melodia di “Novecento” riecheggia nel cortile, trasportando lo spettatore ad un’altra epoca. Una tradizione, come detto. Lo scorso anno l’ambientazione fu dedicata al dramma dei migranti che, per lungo tempo, hanno vissuto, mangiato e dormito all’interno della galleria Bombi di Gorizia. –





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