L’enigma Pontecorvo in un film

Domani a Mosca si riocrda il fisicoitaliano a 100 anni dalla nascita mentre esce il docufilm scrittodaGiuseppe Mussardo e diretto da Diego Cenetiempo

di Fabio Pagan

Quante vite ha vissuto Bruno Pontecorvo, il fisico geniale ed enigmatico di cui si ricordano domani i cent’anni dalla nascita, divenuto un simbolo della Guerra fredda con la sua fuga nell’Unione Sovietica? Almeno tre, ma forse quattro o addirittura cinque.

Una vicenda intrigante con risvolti da spy story che viene ora ricostruita da un film-documentario nato a Trieste, ideato e sceneggiato da Giuseppe Mussardo, fisico teorico della Sissa con forti interessi per la storia della scienza (è il suo quarto film, dopo quelli su Boltzmann, Chandrasekhar e Abdus Salam), con la collaborazione di Luisa Bonolis per le ricerche storiche e realizzato dalla Pilgrim Film per la regia e il montaggio di Diego Cenetiempo, la fotografia di Daniele Trani, le musiche originali di Andrea Terrano. Verrà presentato in anteprima domani sera a Mosca, nell’ambito della mega-conferenza sui neutrini organizzata in onore di Pontecorvo.

Bruno era il più giovane dei ragazzi di via Panisperna che a Roma, sotto la guida di Enrico Fermi, diedero negli anni Trenta una svolta alla fisica nucleare con i loro esperimenti sui neutroni lenti aprendo la strada alla scissione dell’atomo. Successivamente, a Parigi, nel laboratorio di Frédéric Joliot-Curie, studiò gli isomeri nucleari e respirò il vento del Fronte popolare. Negli Stati Uniti utilizzerà i neutroni per le prospezioni petrolifere e in Canada lavorerà sui reattori ad acqua pesante. Poi il ritorno in Europa, in Inghilterra, per sfuggire al maccartismo. E il 1° settembre 1950, dopo un volo che da Roma lo porta con la moglie e il primo figlio a Stoccolma e Helsinki, le sue tracce si perdono nel nulla. Il mese dopo i giornali di mezzo mondo si interrogano sulla sua sorte.

Per cinque anni ci fu spazio solo per illazioni e sospetti di spionaggio nucleare a favore di Stalin. Finalmente, nel 1955, Mosca annunciò che Bruno Maksimovic Pontecorvo era un ospite di riguardo nella “città atomica” di Dubna, cento chilometri a nord della capitale. Aveva cominciato a occuparsi dei neutrini, le fantomatiche e allora inafferrabili particelle che permeano lo spazio, anello di congiunzione tra il mondo subnucleare e l’Universo. Giungerà a teorizzare per i neutrini un comportamento apparentemente assurdo che verrà invece confermato solo dopo la sua morte, avvenuta nel 1993.

Una vita straordinaria, quella di Bruno Pontecorvo, nato a Marina di Pisa in una famiglia di “ebrei senza saperlo”, laica e benestante; il padre, industriale, si rifiuterà di prendere la tessera del Partito fascista. Ha sette fratelli e sorelle: tra loro Gillo, il futuro regista de “La battaglia di Algeri”, e Guido, che sarà genetista a Londra. Suo cugino è Emilio Sereni, che entrerà nel Partito comunista clandestino e avrà grande influenza sul giovane Bruno.

Sono due i libri che in Italia hanno ripercorso la storia di Pontecorvo: a raccontarne il versante umano è stata Miriam Mafai con “Il lungo freddo” (Mondadori, 1992); a indagarne i retroscena è stato Simone Turchetti, storico della scienza all’Università di Manchester, con “Il caso Pontecorvo” (Sironi, 2007), smontando le accuse contro lo scienziato.

Altro è il percorso del documentario di Mussardo e Cenetiempo, che porta il titolo “Maksimovic. La storia di Bruno Pontecorvo”. In un’ora s’incrociano filmati, fotografie e giornali d’epoca con testimonianze di fisici italiani (tra gli altri Maiani, Bernardini, Fiorini, Battimelli), dell’inglese Frank Close (di cui pure sta per uscire un saggio su Pontecorvo), dei russi Alexei Smirnov dell’Ictp e Boris Joffe, che fu suo collega a Dubna, con un pungente aneddoto sull’ingenuità politica di Pontecorvo.

A ciò si aggiungono i momenti di fiction in cui l’attore triestino Adriano Giraldi, efficacissimo nelle vesti di Pontecorvo, riflette sulle sue scelte: «E’ più importante nella vita aver preso le decisioni giuste o essere stato una persona perbene? Io credo di aver commesso molti errori, ma di essere stato sempre una persona perbene». Quasi un testamento spirituale, ripreso dalle confidenze che Pontecorvo affidò a Miriam Mafai.

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