L'esercitazione "estrema" dei soccorritori speleo nelle profondità del Canin

Le delegazioni del Fvg e Veneto si sono messe alla prova in un'esercitazione mai tentata prima: il recupero di una barella dalle profondità del Canin, un abisso di 770 metri distribuiti su oltre 2 km di sviluppo interno. All'impresa, durata 36 ore, hanno preso parte 72 tecnici
Un momento dell'esercitazione
Un momento dell'esercitazione

TRIESTE C’è un posto sul pianeta Terra ove in caso d’incidente, qualunque tecnologia, per quanto avanzata e moderna, non può risolvere l’emergenza. Un posto dove non arrivano reti cellulari e mezzi meccanici, non c’è elettricità, né calore, né tantomeno la luce. Molta acqua, anche irruente, clima gelido e un coperchio di roccia fossile antica 200 milioni d’anni. Si tratta delle grotte del Canin, situate sulle Alpi Giulie orientali.

Un vero e proprio luna-park per gli speleologi e i ricercatori di fossili, un geo-sito territoriale di valenza mondiale, che trattiene al suo interno tra i più importanti fenomeni carsici nazionali ed europei (il pozzo naturale più profondo del mondo e diverse cavità che si spingono oltre i 1000 metri di profondità).

In questo luogo, nei giorni scorsi, si sono messe alla prova le delegazioni del Soccorso Speleologico delle regioni Fvg e Veneto, facenti parte del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico.

Una prova concreta, certo simulata ma al contempo reale: tutto vero, a parte il ferito in barella che per fortuna assumeva la parte dell’infortunato per l’occasione. Quindi tangibili gli sforzi e le tecniche di recupero, i sacchi con i materiali specialistici, gli uomini al lavoro.

Con una peculiarità aggiuntiva – quest’anno - che ha dato un tocco internazionale all’esercitazione: la presenza di una folta rappresentanza di soccorritori speleo dalla vicina Slovenia e pure alcuni dall’Ungheria, assieme ad alcuni toscani e marchigiani.

La delegazione del Fvg, padrona di casa, ha messo sul tavolo un piatto ambizioso, mai tentato in esercitazione: il recupero della barella dall’abisso alpino “Michele Gortani – Rami degli ungheresi”, da 770 metri di profondità, distribuiti su oltre 2 chilometri di sviluppo interno.

Un viaggio nella roccia, con 2° costanti di temperatura interna. Quattro sono state le squadre che si sono alternate nel recupero, iniziato, dopo le varie preparazioni dei campi base interni ed esterni, alle 20 di venerdì 2 ottobre e terminato, con la calata della barella dal paretone del monte Bila Pec, alle 8 di domenica 4 Ottobre. Durante le 36 ore di recupero ininterrotto, la barella è transita in stretti meandri, gallerie e pozzi verticali, tra cui uno profondo 180 metri, sempre trasportata e accudita dalle squadre di nazionalità mista; all’esercitazione hanno preso parte 72 tecnici, e di questi ne sono entrati in grotta 60, i cosiddetti “profondisti”.

Un grande evento organizzato e tenuto a battesimo dalla delegazione del Fvg, che un anno fa era stata chiamata tra le prime a risolvere, positivamente, un’incidente in grotta reale e drammatico avvenuto in Germania, ad oltre 1000 metri di profondità.

Riproduzione riservata © Il Piccolo