L'esercitazione "estrema" dei soccorritori speleo nelle profondità del Canin

TRIESTE C’è un posto sul pianeta Terra ove in caso d’incidente, qualunque tecnologia, per quanto avanzata e moderna, non può risolvere l’emergenza. Un posto dove non arrivano reti cellulari e mezzi meccanici, non c’è elettricità, né calore, né tantomeno la luce. Molta acqua, anche irruente, clima gelido e un coperchio di roccia fossile antica 200 milioni d’anni. Si tratta delle grotte del Canin, situate sulle Alpi Giulie orientali.
Un vero e proprio luna-park per gli speleologi e i ricercatori di fossili, un geo-sito territoriale di valenza mondiale, che trattiene al suo interno tra i più importanti fenomeni carsici nazionali ed europei (il pozzo naturale più profondo del mondo e diverse cavità che si spingono oltre i 1000 metri di profondità).
In questo luogo, nei giorni scorsi, si sono messe alla prova le delegazioni del Soccorso Speleologico delle regioni Fvg e Veneto, facenti parte del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico.
Una prova concreta, certo simulata ma al contempo reale: tutto vero, a parte il ferito in barella che per fortuna assumeva la parte dell’infortunato per l’occasione. Quindi tangibili gli sforzi e le tecniche di recupero, i sacchi con i materiali specialistici, gli uomini al lavoro.
Con una peculiarità aggiuntiva – quest’anno - che ha dato un tocco internazionale all’esercitazione: la presenza di una folta rappresentanza di soccorritori speleo dalla vicina Slovenia e pure alcuni dall’Ungheria, assieme ad alcuni toscani e marchigiani.
La delegazione del Fvg, padrona di casa, ha messo sul tavolo un piatto ambizioso, mai tentato in esercitazione: il recupero della barella dall’abisso alpino “Michele Gortani – Rami degli ungheresi”, da 770 metri di profondità, distribuiti su oltre 2 chilometri di sviluppo interno.
Un viaggio nella roccia, con 2° costanti di temperatura interna. Quattro sono state le squadre che si sono alternate nel recupero, iniziato, dopo le varie preparazioni dei campi base interni ed esterni, alle 20 di venerdì 2 ottobre e terminato, con la calata della barella dal paretone del monte Bila Pec, alle 8 di domenica 4 Ottobre. Durante le 36 ore di recupero ininterrotto, la barella è transita in stretti meandri, gallerie e pozzi verticali, tra cui uno profondo 180 metri, sempre trasportata e accudita dalle squadre di nazionalità mista; all’esercitazione hanno preso parte 72 tecnici, e di questi ne sono entrati in grotta 60, i cosiddetti “profondisti”.
Un grande evento organizzato e tenuto a battesimo dalla delegazione del Fvg, che un anno fa era stata chiamata tra le prime a risolvere, positivamente, un’incidente in grotta reale e drammatico avvenuto in Germania, ad oltre 1000 metri di profondità.
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