L’impero dei prosciutti con le radici triestine

Principe e King’s, i due brand più conosciuti quando si parla di prosciutti, si sono imposti con la famiglia Dukcevich e stanno crescendo sul mercato. Grazie a un gruppo che ha le spalle forti e ora si chiama Kipre. Era il 1945 quando nasceva la Principe di San Daniele, l’anno in cui Stefano Dukcevich e sua moglie Carolina, originari della Slavonia, approdarono a Trieste al tempo del Governo militare alleato. Volevano mettere in salvo la loro vita e quella dei due figli. E a Trieste hanno fatto fortuna.
Dal magazzino di via Lazzaretto Vecchio a Trieste, in affitto, dove si producevano artigianalmente specialità tipiche della tradizione asburgica, «luganighe di cragno, salsicce di Vienna e prosciutti di Praga». Al gruppo di oggi con un fatturato (2017) di oltre 164 milioni di euro, 6 stabilimenti in Friuli Venezia Giulia, Veneto ed Emilia Romagna e 550 occupati. Questi i numeri del gruppo Kipre che vede venduti, sempre nel 2017, 478mila prosciutti dop, altri 763mila prosciutti crudi, ma anche 19milioni di vaschette di pre-affettato e 49milioni di confezioni di wurstel. Dati economici di rilievo che per la sola Principe di San Daniele spa vedono un fatturato di 101milioni, 209 persone occupate e un fatturato export che raggiunge la cifra di 50milioni di euro in 30 paesi. Un’avventura vincente quella del gruppo Kipre ora è guidato da Vladimir Dukcevich, nipote del fondatore e che è amministratore delegato di un’azienda che assieme alle consociate rappresenta una delle più efficienti e moderne industrie alimentari d’Italia. Vladimir nel 2006 prende il testimone da Mario(figlio di Stefano Dukcevich) che stava guidando l’azienda (ora è presidente) assieme alla moglie Sonia, consigliere delegato di Kipre e amministratore unico di SIA.MO.CI. Ed è in quegli anni che l’azienda registra una crescita a due cifre del fatturato. «Non basta lavorare tanto - spiega Sonia Dukcevich - bisogna essere curiosi ed avere passione. Se dovessi iniziare oggi ex novo in questo settore, che pure amo, non lo farei perchè operiamo in un mercato molto difficile. Il nostro è un prodotto delicato, deperibile, che puoi innovare solo nel servizio, altrimenti lo uniformi a quello di altri paesi. E i salumi italiani sono unici per gusto e caratteristiche ed è questo il nostro punto di forza».
Nel 2010 a supporto dell’espansione avvenuta in due importanti segmenti come l’export e il mercato dei prodotti affettati preconfezionati, vengono acquisiti due stabilimenti in provincia di Parma e viene creata la SIA.MO.CI controllata al 100% da Kipre. E nello stabilimento di Langhirano inizia una nuova esperienza con la stagionatura dei prosciutti di Parma Dop e i culatelli mentre l’altro stabilimento, quello di Calestano viene dedicato al disosso e all’affettamento delle produzioni. È la seconda vera espansione per il gruppo che aveva iniziato a far parlare di se (come gruppo vero e proprio) nel 1999, con l’acquisizione da parte di Principe da Nestlè Italia dei due stabilimenti King’s di Sossano a Vicenza e San Daniele. La King’s viene rilanciata e raddoppia il fatturato. Nel 2005 l’azienda, di fronte al fatturato che cresce decide di dotarsi di una struttura societaria più consona: nasce Kipre, la holding di partecipazioni e servizi che controlla il 100% delle società operative, la Principe di San Daniele spa e la King’s spa.
L’obiettivo è consolidarsi e Kipre individua subito il modo di diventare ancora più forte e competitiva: con l’esportazione e l’internazionalizzazione . Un focus di crescita affidato a Principe che già oggi sviluppa un fatturato estero di circa 50milioni di euro e che è presente in 30 paesi con quote di mercato significative particolarmente in Austria, Germania, Regno Unito, Giappone, Stati Uniti ed Australia.
«Ci sono ancora spazi di crescita all’estero e lo vediamo grazie all’esperienza dei mercati di mio figlio Vladimir - conclude Sonia Dukcevich - ma dobbiamo tener presente che in certi paesi, come la Cina ad esempio il prosciutto non è uno status symbol, il consumo non cresce e nemmeno i consumi interni in Italia. Dobbiamo trovare altre strade. I prodotti bio ad esempio con il benessere animale e il no-antibiotici. Ma anche la logistica per portare sempre più velocemente i nostri prodotti all’estero. E proprio per questo uno degli step per i prodotti deperibili che non si possono affettare in Italia è pensare a stabilimenti di affettamento in loco».
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