Lisini, indagini riaperte sull’omicidio-suicidio
Il gip rivisita il caso del pianista e della ballerina ceca: al setaccio i tabulati telefonici
di Claudio Ernè
di Claudio Ernè

Massimiliano Lisini
Nuove indagini sulla duplice misteriosa morte del pianista Massimiliano Lisini, di 41 anni, e della ballerina ceca Andrea Dittmerova, di 23. Le ha disposte il presidente del gip Raffaele Morvay, accogliendo l’istanza dell’avvocato Giovanni Di Lullo che in questa inchiesta rappresenta la madre del musicista trovato asfissiato a Monte Grisa, all’interno della «Lancia Lybra» prestatagli dall’amico e socio Massimiliano Campisi. Era il 17 luglio 2007 e poche ore più tardi i carabinieri avrebbero scoperto il corpo della ballerina all’interno dell’appartamento dello stesso Lisini, in largo Capolino 4, nei pressi di Sottolongera.
Di questi due poveri morti per più di un anno non si era saputo nulla. Non ne avevano parlato i carabinieri, né la Procura e tantomeno i giornali e le televisioni, tenuti all’oscuro di tutto. Il silenzio totale si era prolungato per un anno perché gli inquirenti avevano deciso - non è ancora chiaro il motivo - di secretare non solo l’esito delle indagini e il loro sviluppo, ma la stessa notizia del ritrovamento dei due corpi.
Il giallo è però emerso nello scorso agosto grazie alla tenacia di Mafalda Orel, la madre del pianista. Non si è mai arresa, non si è mai rassegnata e ha chiesto con insistenza e determinazione nuove indagini, ulteriori approfondimenti. Ora li ha ottenuti. «Avrò pace solo quando sarà arrestato l’assassino di mio figlio. Ho un’idea precisa, ma non mi faccio molte illusioni», ha affermato più volte la signora Malfalda. A suo giudizio il figlio e la sua amica sono stati entrambi vittime di uno o più killer inviati a Trieste per punire la ballerina, rea di non aver versato all’organizzazione che ne gestiva l’attività la percentuale pattuita sui suoi introiti come «accompagnatrice».
La nuova inchiesta ha un precisa direzione. Gli inquirenti dovranno prendere in esame in primo luogo i tabulati telefonici dell’apparecchio di Massimiliano Lisini per cercare di definire l’origine di tutte le chiamate e per dare poi un nome e un volto agli interlocutori. Finora questi esami non erano stati approfonditi. Sia i carabinieri, sia il pm Giorgio Milillo, avevano ritenuto di essersi trovati di fronte a un omicidio-suicidio e nello scorso maggio avevano chiesto al Tribunale di archiviare l’inchiesta.
A loro giudizio Massimiliano Lisini avrebbe ucciso nel suo appartamento la ballerina arrivata a Trieste poche ore prima su richiesta del gestore di un locale notturno ceco. Poi anche lui, vinto dal rimorso, si sarebbe suicidato a poche centinaia di metri dal tempio mariano di Monte Grisa, rinchiudendosi all’interno della «Lancia Lybra» prestatagli dall’amico. La marmitta era stata collegata con un tubo flessibile all’abitacolo e l’ossido di carbonio prodotto del motore lasciato acceso aveva ucciso il pianista. Sembrava tutto chiaro, tutto definito.
Invece tra la fine della scorsa estate e l’autunno sono emersi nuovi indizi, nuove piste, nuovi possibili, se non probabili, scenari. Il presidente del gip Raffaele Morvay, ordinando nuove indagini, le ha però circoscritte all’esame dei tabulati telefonici. Non solo quelli dell’apparecchio di Massimiliano Lisini, peraltro mai ritrovato dagli investigatori, ma anche quelli degli altri personaggi che in questa inchiesta hanno già avuto un ruolo e che sono stati sentiti come testimoni dai carabinieri.
I risultati di questi approfondimenti istruttori dovranno essere resi noti al Tribunale entro 90 giorni. Certo è che se dovessero emergere nuovi dettagli sulle due morti e nuove piste da battere, i tempi potranno essere ulteriormente allargati.
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