Lodi: «Ma a cosa serve ricordare se fra un mese non se ne parlerà più?»

Pierluigi Lodi, tra i massimi esperti goriziani della Prima guerra mondiale, cos’è stata la presa di Gorizia?
«Una battaglia vinta molto bene dal Regio esercito, con discrete perdite umane ma, in confronto allo standard delle altre battaglie, poteva andare peggio».
Il goriziano come vive oggi questo anniversario?
«Con una certa disillusione, credo. Dicevano i vecchi, in friulano: aspettavamo l’Italia, sono arrivati gli italiani».
A proposito: presa, conquista o perdita di Gorizia?
«Non mi capacito nell’osservare che a cent’anni da quell’avvenimento ci sono alcuni che vagheggiano una sorta di nostalgia per l’Austria Felix che non c’è mai stata. L’Austria era sì un paese ordinato ma nulla di più».
Nostalgia canaglia, eppure per molti goriziani l’otto agosto è giorno di lutto.
«La verità è un’altra. Il centenario della presa di Gorizia piomba in un momento in cui i goriziani vivono un senso di abbandono senza precedenti. Le strutture che hanno elevato Gorizia a rango di capoluogo stanno tutte scomparendo. Resisterà forse la prefettura perché lì ha sede la commissione per i richiedenti asilo».
È un fatto che se non ci fosse stato Enrico Toti non ci sarebbero stati Aurelio Baruzzi e la presa di Gorizia. Toti cade nel pomeriggio del 4 agosto 1916 a quota 85 sul Carso di Monfalcone. È la battaglia civetta che Cadorna organizza per far intendere agli austriaci che l'obiettivo è la conquista dell'Hermada e non Gorizia. Detto questo, chi è più “eroe”: Baruzzi o Toti?
«Preferisco pensare a Carlo Alberto Balzar».
Mi arrendo: chi era costui?
«Male, ma è sintomatico. Balzar è sotto tenente della Brigata Avellino, muore gettandosi in una trincea nemica e il suo corpo non verrà mai ritrovato. Pure il cippo che lo ricordava è sparito ma a settembre un gruppo di persone, tra cui il sottoscritto, lo ricorderà adeguatamente alla presenza del pronipote».
Su Toti lei ha già espresso un parere: giusto consacrarlo, è stato il primo disabile a cadere in trincea. Baruzzi invece?
«L’ho conosciuto. Simpatico e brillante. Con la sua istintiva operazione ha fatto un “tredici” da medaglia d’oro. Un giorno mi confessò la sua felicità di non aver mai ucciso un nemico. Con l’aiuto di Dio, puntualizzò».
Qual è il luogo simbolo della presa di Gorizia?
«Il monte Sabotino. Aggiungerei anche il Calvario con il Naso di Lucinico soprattutto. Ma il punto è un altro».
Cosa intende?
«Ha presente Verdun?».
Credo di intuire il suo ragionamento: Gorizia è la Verdun d’Italia ma non è stata capace di diventare luogo simbolo per gli italiani?
«Esatto. Cosa serve ricordare i cent’anni della presa di Gorizia se tra un mese non se ne parlerà più? Verdun è per sempre, è un’icona che mette d’accordo e rende orgogliosi i francesi. E noi invece stiamo ancora a disquisire se fu presa o perdita».
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