L’ospedale di Mussolini 35 anni fa fu demolita la vecchia scuola
Luca Perrino / RONCHI
Era il 9 luglio del 1985. Trentacinque anni fa, dopo numerose perizie tecniche ed asprissime polemiche, veniva demolito, dopo alcuni anni di completo abbandono, l’edificio scolastico della sezione elementare femninile di via D’Annunzio a Ronchi dei Legionari. Era stato inaugurato nel 1912, quando la cittadina era parte dell’impero austroungarico, assieme ad un complesso urbanistico destinato alle scuole popolari di grande rilievo dove, oggi, resistono ancora la scuola Vittorino da Feltre e la palestra. Aveva resistito ai bombardamenti della Prima guerra mondiale e fu proprio allora che essa venne adibita ad ospedale militare. Qui, nel febbraio del 1917, venne ricoverato Benito Mussolini, allora bersagliere, ferito durante un’esercitazione sul Carso. L’avventura della guerra per Mussolini si conclude con il suo ferimento il 23 febbraio 1917 durante un’esercitazione con il lanciabombe dove viene investito dalle granate le cui schegge gli saranno estratte e verrà ricoverato presso “l’ospedaletto 46” di Ronchi.
Anche il re corse al suo capezzale a Ronchi dei Legionari e lo inciterà a resistere al dolore delle numerose ferite riportate. Il diario si conclude qualche giorno più tardi, il 18 marzo, con il suo congedo e la laconica nota nella quale Mussolini scrive di essere l’ultimo ferito rimasto. Ma la scuola fu anche punto di riferimento per tanti insegnanti e per generazioni di alunni ronchesi prima di essere abbattuta, come detto, tra tante polemiche.
Fu qui che, ad esempio, fu istituito un museo di storia naturale e fu qui che insegnarono, tra gli altri, i quattro autori del primo vocabolario del dialetto bisiaco: Silvio Domini, Aldo Fulizio, Aldo Miniussi e Giordano Vittori. Nel 1940 l’allora municipalità cittadina decise di intitolare la scuola proprio al Duce. Ma, seppur lo stesso Mussolini vide di buon grado questa decisione, essa non arrivò mai a completamento. L’edificio funzionò sino alla fine degli anni Sessanta, poi fu abbandonato a se stesso e, infine, demolito. Rimase in piedi, allora come oggi, solo la residenza del bidello che, oggi, è sede di un’associazione culturale. —
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