L’uccello preistorico che “esce” dallo schermo

Durerà solo oggi e domani la “visione in 3D” dell’uccello preistorico che inforcando gli appositi occhialini si vede uscire dallo schermo e prendere un impressionante volo virtuale verso l’osservatore. È l’interattività più spettacolare che ha fatto ingresso al Museo di storia naturale, grazie a tecnologie dell’Area di ricerca, che però non è chiaro se verranno rese stabili oppure no. Per ora no. Il tecnologico “falso” è a due passi dalla ricostruzione perfetta del “Gabinetto zoologico” con strumenti e arredi ottocenteschi che racconta la nascita del museo, le cui collezioni complete contano ben 2 milioni di pezzi, in parte a disposizione solo per studio, nel campo della botanica, della zoologia, paleontologia, mineralogia, biologia marina ed evoluzione umana.
Nei magazzini sono conservati reperti in vasi di formaldeide. Ed è anche in questo invisibile (ai più) patrimonio che si è materializzata in questi giorni una bella faccia di Trieste: la sponsorizzazione. La ditta Alder che in zona industriale produce formaldeide ha “bonificato” l’aria di questi ambienti particolari. Lo studio dentistico Zagar ha donato reperti. La www.trasformazioni-Ts.it ha fornito supporti, anche per la “squala bianca” Carlotta. «È solo così che i musei possono essere aiutati - ha sottolineato il direttore Nicola Bressi -, al momento se ricevessimo denaro finirebbe bloccato dal patto di stabilità che impedisce di spendere...».
Ma appunto anche il vero e il falso, quel che si è arrivati a conoscere solo grazie a tecnologie d’avanguardia, e quello che non si saprà mai è uno dei fili conduttori affascinanti delle collezioni. A partire dagli scenografici mezzibusti dei vari gradi di “homo sapiens”, calchi ricostruiti, teatralmente espressivi. O l’enorme orso del Carso che è vero nello scheletro, falso nella pelliccia. Lo scheletro della balenottera arrivata a Trieste nel 1908 è autentico, enorme, e sacrificato nella saletta («ex dormitorio quando qui c’era una caserma»), ma come da La Spezia dove fu catturata arrivò da noi resta un mistero. Vero è anche lo scheletro del Narvalo accanto, col mitico unicorno, ma solo verosimili le fattezze che la decoratrice Elena Greco ha dipinto sul muro retrostante per darne l’idea. E falso, dichiaratamente falsissimo, è il corno di rinoceronte nella sala che ospita uno scheletro (vero) di elefante: ritenuto afrodisiaco e curativo in Oriente quando ridotto in polvere, ha creato una caccia all’animale cruenta, fino in Africa, facendo sparire dalla Terra ben 5 specie. Il museo ne ha fatto un monito. (g. z.)
Riproduzione riservata © Il Piccolo