L'ultimo saluto a Livio Felluga patriarca del vino in Friuli Venezia Giulia

GORIZIA Livio Felluga, il patriarca dell’enologia d’eccellenza del Friuli Venezia Giulia, ha percorso fino in fondo la sua lunga vita: si è spento all’età di 102 anni nella casa di Brazzano, nella notte fra il 22 e il 23 dicembre. Accanto a lui la moglie Bruna, i figli e i nipoti, l’affetto della famiglia cardine della sua vita.
Il rito funebre è stato celebrato ieri nell’Abbazia di Rosazzo, in grande riservatezza e in forma strettamente privata, in coerenza con il suo stile di uomo schivo, di poche parole ma di grande passione e capacità. Un visionario, da sempre convinto che la terra e suoi frutti fossero fra i beni più preziosi. Proprio dalle colline di Rosazzo nel 1956 aveva iniziato la sua grande avventura di imprenditore, legando i suoi vini ai luoghi e alla loro cultura, scegliendo come logo delle sue etichette nel mondo, con anticipata lungimiranza imprenditoriale, la carta geografica di queste terre.

Durante il rito religioso, accanto alla famiglia ieri c’era il personale dell’azienda. Per tutti loro Livio Felluga è stato un faro. Ai figli Maurizio, Andrea, Elda e Filippo negli ultimi anni aveva via via ceduto, nei diversi settori di attività, il timone dell’azienda, restando però sempre un punto di riferimento.
Livio Felluga, gentiluomo e imprenditore determinato nel raggiungimento dei propri obiettivi, ha sempre mantenuto uno stile di vita riservato. A chi si complimentava per i grandi successi, e ai tanti estimatori rispondeva in modo disarmante con la frase in dialetto istroveneto: «Cossa go fato de grande»? Amava ricordare le sue origini a Isola d’Istria, allora regno austriaco, dove il bisnonno e il nonno producevano refosco e malvasia.

Il ricordo di quei vigneti terrazzati che guardavano il mare era ben vivo nella sua memoria e, forse proprio per un legame con queste sue origini, nel 1956 scelse, quando tutti abbandonavano la campagna, di affidare il suo destino di imprenditore alle colline che circondano la secolare Abbazia di Rosazzo, mettendo a dimora qui i primi venti ettari di vigneto, cresciuti di numero negli anni fino a raggiungere gli oltre 160 di proprietà.
Dall’Istria alla fine della Grande Guerra con la famiglia approdò a Grado. «Mio nonno decise di espandere il commercio e mandò mio padre Giovanni a Grado per vendere il vino», ricordava nell’ultima intervista rilasciata a questo giornale nel 2012. E poi «mi innamorai del Friuli e delle sue dolci colline».
Dall’isola del sole alle terre del Friuli Venezia Giulia e poi nel mondo - le esportazioni oggi toccano oltre venti Paesi in vari continenti - affidando a un’antica carta geografica, scoperta negli anni Settanta in una bottega di antiquariato, il compito di far riconoscere il suoi vini. La vita non è stata tenera con lui: la patria, durante la Seconda guerra mondiale, si prese 8 anni della sua gioventù. Quando tornò a casa dalla prigionia in pochi lo riconobbero. Ma gli stenti non fiaccarono la sua tempra di uomo orgoglioso dei suoi ideali e ricco dei suoi sogni.

«All’umanità manca cultura - amava ripetere Felluga - Serve il dialogo, non le polemiche. Io mi considero un uomo molto felice. Ero contadino, conoscevo e amavo la terra e appena ho potuto ho cominciato a comprarla. La mia più grande soddisfazione è avere in azienda i miei figli».
Per festeggiare i suoi cento anni, i suoi figli avevano voluto realizzare un progetto che unisse l’amore per la natura e l’arte: a pochi metri dell’Abbazia oggi svetta Vigne Museum, opera d’arte di affacciata sul paesaggio delle colline di Rosazzo. Struttura di bellezza potente e leggera sulla quale la vite e l’ulivo creano quel rapporto fra natura e sapienza dell’uomo per lui tanto preziosa.
«Quando parlo con i miei figli e nipoti - ricordava ancora Livio Felluga - continuo a dire che il patrimonio “cervello” è la cosa più importante: la cultura, il sapere, più sai e più vali. La famiglia e gli affetti sono beni preziosi. Quando vedo questa bella e grande famiglia mi commuovo e penso che questo è il grande risultato della mia vita».
Era stato un autodidatta Livio Felluga, a causa delle vicende della Seconda guerra mondiale non aveva potuto seguire studi regolari: per questo con fierezza e commozione ricevette nel 2009 dall’università di Udine la laurea specialistica honoris causa in viticoltura, enologia e mercati vitivinicoli. La sua scomparsa lascia un grande vuoto, ma anche una ricchezza di umanità e capacità imprenditoriale.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo