L’ultimo saluto a Pin Ormai è certezza la pista del suicidio

Il 52enne ronchese avrebbe realizzato nella propria abitazione l’ordigno che lo ha ucciso sulla “diga” della Cona
Di Fabio Malacrea
Bonaventura Monfalcone-03.11.2012 Ritrovamento Alessandro Pin-Isola della Cona-Staranzano-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-03.11.2012 Ritrovamento Alessandro Pin-Isola della Cona-Staranzano-foto di Katia Bonaventura

Il corpo di Alessandro Pin, il ronchese dilaniato da un rudimentale ordigno esplosivo esplosogli tra le mani la sera del 2 novembre sulla “diga” vicino all’oasi della Cona, ha trovato finalmente pace. Ieri alle 11, ottenuto il nulla osta alla sepoltura dal pm Salvo, che coordina le indagini, i famigliari e gli amici hanno potuto dare, nel vecchio cimitero di Staranzano, l’estremo saluto al 52enne che ha scelto un modo terribile per togliersi la vita. Il corpo di Alessandro Pin è stato benedetto da don Ennio, cappellano di Bistrigna. Accanto a lui c’erano il fratello e la sorella di Alessandro, la mamma e l’ex moglie Aurora, che gli ha dato due figli. È stata una cerimonia composta. Da anni ormai Alessandro Pin viveva in solitudine, aveva volontariamente allentato i rapporti con tutti, non solo con i famigliari.

Sulla pista del suicidio sembrano esserci sempre meno dubbi da parte degli inquirenti. Lo confermano gli stessi carabinieri che, pure, non hanno ancora escluso del tutto l’ipotesi che possa essere stata un’esplosione accidentale a uccidere Pin. Ma i riscontri per avvalorare questa pista sembrano essere sempre più deboli.

Dalle dichiarazioni dei fratelli, della madre e dei pochi amici e conoscenti che Alessandro Pin frequentava negli ultimi anni ancora è emersa sempre più chiara la figura di una persona solitaria, depressa, alle prese con problemi economici e lavorativi sempre più opprimenti.

C’è poi l’elemento decisivo dei foglietti rinvenuti dai carabinieri nell’abitazione di Pin, in via della Rocca nel rione di Selz. In quegli scritti, Pin aveva descritto, passo passo, ciò che poi è avvenuto alle 22 di sabato 2 novembre: la costruzione di un ordigno esplosivo e il modo per farselo scoppiare fra le mani. Nell’abitazione i carabinieri hanno trovato anche alcuni petardi dai quali Pin aveva sicuramente estratto la polvere per realizzare l’ordigno. Dagli accertamenti dei carabinieri, è emerso anche che Pin avrebbe realizzato l’ordigno proprio nella sua abitazione e avrebbe quindi scelto un luogo isolato come la “diga” tra l’Isonzo e la Quarantia per farlo scoppiare. Sempre secondo quanto sta emergendo dalle indagini, Pin non era certo esperto nella fabbricazione di ordigni esplosivi. Tutt’altro, probabilmente era la prima volta che lo faceva.

Solo conferme quindi sono venute sul suo stato depressivo. Accentuato forse dal fatto che per lui le cose non erano andate sempre così male. Pin veniva da una famiglia abbiente. Il padre, deceduto molti decenni fa, era stato un noto impresario edile a Staranzano. Lo stesso Alessandro, alla fine degli anni ’80, aveva collaborato alla ristrutturazione del caffè Corso di Monfalcone, poi preso in gestione fino al ’93. Finita male quell’esperienza, aveva poi inanellato una serie di mestieri, recandosi anche all’estero, in un declino che deve essergli sembrato inarrestabile. Aveva perso anche la famiglia che si era creato e di recente non vedeva più sbocchi alla sua vita. Da qui la quasi certezza della sua scelta di farla finita, magari dissimulando un incidente per non ferire le persone care, come ancora sono propensi a ritenere i carabinieri. E sulla tesi di un suicidio pochi sembravano avere dei dubbi anche ieri mattina tra coloro che si sono recati nel vecchio cimitero di Staranzano per dargli l’estremo saluto. L’ipotesi di un incidente, invece, sta perdendo sempre più spessore. Esclusa, poi, quella basata sui primi riscontri sulla scena della disgrazia, di una pesca di frodo finita in tragedia.

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