Magazzino vini, non si può abbattere

La Soprintendenza boccia il via libera che era stato concesso dal Comune
La Soprintendenza blocca per la seconda volta l’abbattimento dell’ex magazzino vini. E la Fondazione CrTrieste, in quanto proprietaria del sito, ricorre per la seconda volta al Tar. Intanto il vecchio edificio di riva Gulli, che l’ente presieduto da Massimo Paniccia contava di radere al suolo entro primavera, rimane al suo posto almeno per un’altra estate. Il tribunale amministrativo di piazza Unità - dopo aver annullato nel settembre scorso l’«interesse culturale» sulla struttura, dichiarato in precedenza dal direttore regionale dei Beni culturali Ugo Soragni - tornerà dunque a esprimersi sull’abbattimento o meno del magazzino vini. La Fondazione Crt, nel suo secondo e attuale ricorso presentato al Tar, chiede infatti l’annullamento del decreto con cui, lo scorso 20 marzo, il Soprintendente Stefano Rezzi ha bloccato l’iter per l’abbattimento della struttura, annullando a sua volta l’autorizzazione paesaggistica alla demolizione appena rilasciata dal Comune.


In altri termini, dopo aver vinto una prima causa al Tar contro l’«interesse culturale» che vincolava la permanenza in vita del magazzino vini, la Fondazione ha chiesto e ottenuto dall’apposita commissione municipale la necessaria concessione edilizia per l’abbattimento, ma se l’è vista revocare dalla Soprintendenza mentre le ruspe erano già pronte. Il che, in parte, spiega il motivo per cui l’ex magazzino vini - e con esso la «scatola» bianca che lo nasconde, oggi coperta dai graffiti realizzati dai ragazzi dei poli di aggregazione giovanile della città - è rimasto in piedi nonostante gli annunci di una sua imminente «scomparsa» venuti già a dicembre.


Il Soprintendente Rezzi, nello specifico, ha disposto lo stop al nulla osta del Comune ritenendolo viziato «da eccesso di potere sotto i profili della carenza di motivazione e della carenza e incongruità della motivazione». Secondo il Soprintendente - come si legge nel ricorso depositato al Tar dall’avvocato Giuseppe Sbisà, legale della Fondazione, che riprende il decreto di Rezzi - l’autorizzazione comunale «risulta rilasciata sulla base di elaborati non sufficienti a consentire una corretta valutazione della complessiva incidenza delle opere».


Il provvedimento del Soprintendente, però, viene giudicato «illegittimo» dalla Fondazione, che individua un «eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti determinazioni». Il riferimento è al nulla osta rilasciato nel 1989 dalla Soprintendenza, retta all’epoca da Domenico Valentino, all’eventuale demolizione del magazzino vini, di cui era allora proprietario l’Ente Porto: in quella circostanza - sostiene il ricorso - la Soprintendenza aveva ritenuto l’abbattimento della struttura «del tutto compatibile con la bellezza naturale d’insieme delle Rive (soggetta a tutela dall’Idroscalo a Campo Marzio in base a un provvedimento del ’53, ndr) posto che già allora la presenza di quell’edificio semmai le deturpava».


Il legale della Fondazione, a questo proposito, ravvisa gli estremi del «vizio di disparità come se la Fondazione ricorrente, quale soggetto privato, potesse ritenersi meno meritevole rispetto al soggetto pubblico Ente Autonomo del Porto di Trieste (oggi Autorità portuale, ndr) che invece si era visto autorizare proprio ciò che ora viene negato». Il ricorso, in parallelo, evoca anche la «violazione di legge» in quanto «il decreto (della Soprintendenza, ndr) è arrivato senza alcun preavviso dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di autorizzazione paesaggistica (del Comune, ndr)».


L’udienza decisiva del Tar è attesa per il 26 luglio prossimo, giorno in cui è stata fissata una camera di consiglio a porte chiuse, al termine della quale il collegio amministrativo dovrebbe, con ogni probabilità, decidere se accogliere o meno la richiesta di sospensione e relativo annullamento del decreto del Soprintendente. Per questo i giudici di piazza Unità, in una recente camera di consiglio, hanno ordinato al Comune di consegnare loro proprio la documentazione completa dell’autorizzazione paesaggistica alla demolizione, per un esame approfondito dell’atto annullato dal Soprintendente.


Nel frattempo, però, non si possono escludere altri colpi di scena. Voci che per ora non trovano conferme ufficiali dicono che la Soprintendenza sarebbe pronta a formalizzare un nuovo vincolo, stavolta sulle vasche interne alla struttura di riva Gulli, sotto il livello del mare, dove un tempo venivano immerse le botti per la conservazione del vino. Ma lo scontro potrebbe anche sgonfiarsi, ben prima del 26 luglio, qualora prevalesse la linea del disgelo sostenuta da altre voci, anche queste senza conferma, con un eventuale confronto diretto «chiarificatore» senza il giudice di mezzo, fra i vertici della Fondazione e quelli della Soprintendenza.


Una simile incertezza, ad oggi, continua a fare il pari con quella riguardante la destinazione d’uso dell’area nel piano complessivo di riqualificazione del waterfront cittadino. Tramontata l’ipotesi del palacongressi vetrato con sviluppo in altezza, osteggiato da comitati e associazioni, l’alternativa più plausibile resta quella della trasformazione dell’ex magazzino vini in una «appendice» dell’ex Pescheria per una serie di sale polifunzionali nell’ambito di quello che viene indicato come il futuro polo congressuale.

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