«Mandati di pagamenti, Eni non c’entra»
Sul controverso caso delle “bollette pazze” l’Eni smussa gli angoli, puntualizza e cerca di dialogare con la città. A uscire allo scoperto è Daniele Chieffi, uno dei manager deputati alle relazioni pubbliche.
«In merito alle dichiarazioni della signora Gironcoli, ribadiamo, come previsto dalle procedure Sepa, che per nessuna ragione, per un’azienda sia possibile sospendere di propria iniziativa un mandato di pagamento attivo. E’ infatti solo l’intestatario del conto corrente che può autorizzare la banca a erogare pagamenti verso un terzo. Così come gli l’unico soggetto che possa decidere di revocare questo stesso mandato o di sospenderlo è sempre e solamente l’intestatario del conto corrente e, solo in situazioni particolari, la banca. Si tratta di una norma prevista dalle regolamentazioni attualmente in vigore a livello europeo che non prevede alcuna eccezione e che è estremamente semplice da verificare presso qualsiasi banca». «Nel caso in cui una persona decida di sospendere o revocare un mandato di pagamento - spiega Chieffi - questa azione viene comunicata dalla banca al creditore, per esempio Eni, il quale non fa altro che scrivere al cliente stesso, comunicandogli di aver ricevuto dalla banca la comunicazione di questa sospensione o revoca e che quindi, da quel momento, i pagamenti delle fatture saranno richiesti in altra modalità. Non esiste quindi alcuna possibilità che sia Eni o qualsiasi altra azienda, intenzionalmente, a revocare o sospendere i mandati di pagamento autorizzati dai clienti. Anche nel caso portato come “prova” nell’articolo, si è trattato di una revoca operata dal soggetto che ne aveva facoltà e semplicemente comunicataci dalla banca e da noi segnalata al cliente».
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