Marco Cavallo fa il bis Una copia in acciaio nel giardino a Ravenna

Che ci fa una copia di Marco Cavallo in un giardino di Ravenna? Da oggi l'icona della riforma psichiatrica, attuata a Trieste da Franco Basaglia negli anni '70, troneggia in una zona verde di Ravenna, il neonato giardino intitolato "Franca Ongaro Basaglia", sito all'interno del Centro di Salute Mentale "Ponte Nuovo". Si tratta di una riproduzione fedele nelle dimensioni ma costruita abiurando la cartapesta o la resina, i materiali usati per la primogenitura a Trieste, e optando piuttosto per l'acciaio, quasi a sottolinearne la resistenza ideale in termini di temi, impegno, valori. E a rafforzare il battesimo del clone della macchina teatrale nata nel 1973, oggi a Ravenna, nell'ambito della rassegna "...e poi li portammo al mare", ci penserà anche la presentazione di un nuova opera sul tema scritta da Franco Rotelli, dal titolo "L'Istituzione inventata - Racconto di una esperienza a Trieste 1971 - 2010", edita da Alphabeta e racchiusa nella Collana 180, altra significativa testimonianza delle trame innovative disegnate nell'Ospedale Psichiatrico di Trieste da Franco Basaglia e dai suoi collaboratori, percorso raccontata sotto forma di diario di lavoro, sorta di blog storico e mai virtuale di quanto osato e creato oltre quarant'anni fa.
Il ricorso ad un "testimonial" come Marco Cavallo non è quindi casuale ma le ispirazioni partono da lontano. Sul piano pratico, la realizzazione è frutto del lavoro dei giovani allievi del Centro Professionale "Alfa" di Piangipane, quasi tutti stranieri dai 15 ai 18 anni, diretti sul campo da Giuseppe Ragonesi e Andrea Girardelli, ma la "regia" si chiama Giovanna Piaia, attuale assessore comunale alle Politiche Sociali di Ravenna, che con Franco Basaglia ha potuto condividere un intenso percorso formativo.
Erano i primi anni '70 e l'Amministrazione provinciale di Ravenna pensò di inviare a Trieste dei giovani operatori, allo scopo di formarsi alla corte della nascente cultura in campo psichiatrico. Del gruppo faceva parte anche Giovanna Piaia, all'epoca aveva vent'anni, impegnata in politica e soprattutto immersa in una missione che voleva tradurre pratica e idee: «I due aspetti dovevano fondersi necessariamente, vivevamo un cambiamento radicale che volevamo toccasse magari anche la famiglia e la scuola. Quella psichiatrica fu dunque una rivoluzione, a cui credetti subito prestando fede a Franco Basaglia, magari seguendolo all'inizio con un certo timore, in quanto ero giovane e avvertivo il suo carisma, l'importanza dei suoi insegnamenti e la capacità di coniugare gli ideali alla ricerca di nuove pratiche».
Da Trieste a Ravenna, in quarant'anni quel viaggio in qualche modo è continuato. «L'opera è bellissima, la testa è leggermente reclinata e sembra quasi in movimento - ha concluso Giovanna Piaia - probabilmente anche Marco Cavallo ha capito ora cosa manca ora, come molti anni fa: un vero ascolto dell'uomo, la comprensione e l'abbattimento dei muri di silenzi e frontiere».
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