Marco, ragazzo down, protagonista nel mondo grazie al suo computer

PALMANOVA. Questa è la storia di una nuova nascita. Tutto inizia a Palmanova, il 27 luglio 1988, quando Marco viene alla luce. Con la sindrome di down. «Mi sono sentita persa – racconta la mamma...

PALMANOVA. Questa è la storia di una nuova nascita. Tutto inizia a Palmanova, il 27 luglio 1988, quando Marco viene alla luce. Con la sindrome di down. «Mi sono sentita persa – racconta la mamma -. Ma Marco è sempre stato molto dolce». Gli anni passano, Marco Budai cresce. A due-tre anni la sua prima parola: «Cinzia», la sorella. Poi il silenzio. O quasi. Marco frequenta le scuole, con sostegno ovviamente e qualche istituto specialistico. Deve far fronte alle prese in giro dei compagni. È normale e i familiari l’hanno messo in conto. Lo aiutano, lo coccolano, come si fa con un bambino. Marco è tanto affettuoso ma non parla, non risponde. Passa il tempo ascoltando musica e sfogliando libri e giornali. Pochi i passi avanti nello studio, pochi i feedback a insegnanti e genitori. Tanti sorrisi, disarmanti fino alle lacrime. Un giorno, una cliente del negozio di famiglia parla ai genitori della comunicazione facilitata, con cui era venuta a contatto in modo quasi casuale: la vicina di ombrellone la utilizzava con il figlio, anch’egli down. Passa qualche mese prima che la famiglia di Marco prendacontatti con l’associazione “Diritto di Parola” di Gorizia. Troppe le strade percorse in passato senza risultati, troppe le speranze accese e poi spente. Fino a quando si trova il coraggio di sperare, ancora. È così che Marco, a 17 anni, si trova davanti a una tastiera e a un monitor. Gli viene mostrata un’immagine. Marco, con l’aiuto di un “facilitatore”, scrive: «Giraffa».

Anna, la mamma, e Cinzia si guardano incredule. In un solo istante capiscono che Marco conosce l’animale, sa scrivere e leggere. Quando torna all’auto, ha la testa alta e vuole sedersi davanti, accanto al padre che guida. Non è questo il luogo per discutere la validità scientifica di questo metodo che ha illustri sostenitori e illustri detrattori. Questa è la storia di Marco. Il percorso fisico e mentale per arrivare a chiedergli “come stai?” è lungo e faticoso. Ma quel giorno se lo ricordano tutti: «Io uomo felice», ha digitato Marco. Per i familiari e per Marco inizia una nuova vita. Loro, pensavano di trovarsi di fronte a un bambino con ritardi mentali. Ora sanno di avere davanti un adulto, con problemi innegabili, ma con un mondo di conoscenze, capacità, emozioni tutto da scoprire. Lui, può uscire da solo, può andare a prendere il giornale. Si pretendono da lui cose che prima nessuno chiedeva. Marco ha ora 24 anni, vive 5 giorni alla settimana a Udine, seguendo un percorso di autonomia. Pratica il nuoto. Fa teatro. Scrive poesie. È ironico. Gli chiediamo se possiamo raccontare la sua vicenda. Sul monitor lentamente compaiono le lettere: «Più se ne parla, più ragazzi potranno usufruirne e uscire dalla prigione di silenzio cui siamo condannati. Siamo ritenuti ritardati perché i nostri neuroni funzionano in maniera diversa, i nostri devono fare un percorso alternativo, sopperire ai guasti». Marco spiega che la cosa più difficile in questo percorso è stato capire di poter passare dalla semplice accettazione del fato, alla possibilità di poter cambiare le cose. La sua “rinascita” la descrive così: «Ho capito che ero anch’io protagonista di questo mondo, non solo uno spettatore davanti a uno schermo».

Monica Del Mondo

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