“Market” della coca in via Molino a Vento E i coniugi pusher finiscono al Coroneo

Marito e moglie gestivano lo spaccio nel loro appartamento Ater. Arrestata anche una coppia di fornitori “all’ingrosso”
Silvano Trieste 2020-08-26 Il condominio di via Molino a Vento 77
Silvano Trieste 2020-08-26 Il condominio di via Molino a Vento 77



La cocaina a domicilio. Prima la telefonata o il messaggio: «Quanto ti serve? Sì okay, passa». Poi l’appuntamento: «Ecco qua, tieni». Stretta di mano, soldi e avanti un altro.

Via Molino a Vento, civico 77. Un insospettabile alloggio Ater trasformato in un vero e proprio punto di spaccio da due inquilini, marito e moglie di origini pugliesi ma da anni a Trieste: il cinquantaseienne Francesco Paolo Settimio, pregiudicato, e la cinquantatreenne Maria Rizzi, entrambi scoperti e arrestati dalla sezione antidroga della Squadra mobile. Ora sono in carcere.

Così i due fornitori “all’ingrosso”: una coppia di coniugi albanesi, pure loro residenti da tempo qui in città, in via Alpi Giulie. Si chiamano Artur Mejdani, un pregiudicato di 57 anni e Silvana Zheku, 55. Sono ai domiciliari.

L’indagine, coordinata dal pm Massimo De Bortoli, è l’ennesima spallata al traffico di coca sulla piazza locale.

L’ordinanza di applicazione delle misure cautelari è stata emessa dal gip Massimo Tomassini. Oltre ai quattro arrestati, nell’inchiesta figurano indagati altri tre pusher.

Ma tutto ruotava attorno alle due coppie di marito e moglie e soprattutto all’appartamento di via Molino a Vento 77, in cui consumatori e spacciatori andavano a prelevare lo stupefacente.

Il meccanismo era ormai rodato: i coniugi albanesi Mejdani e Zheku rifornivano di droga i pugliesi Settimio e Rizzo, che dal loro alloggio Ater si occupavano di rivendere le dosi ai cocainomani o ad altri “pesci” più piccoli per ulteriori cessioni.

L’abitazione era diventata insomma una sorta di «supermercato della droga», scrive la Questura in un comunicato stampa. Uno spaccio casalingo, in ciabatte e vestaglia si direbbe, ma gestito «in modo professionale ed organizzato», viene evidenziato nella nota della Polizia.

Il cinquantaseienne Settimio amministrava dunque la sua fetta di mercato direttamente da casa, dove peraltro stava scontando i domiciliari. E sempre per reati di droga.

In questa indagine il pm ha contestato al pugliese ben 58 capi di imputazione, che corrispondono ad altrettante compravendite di coca messe a segno tra giugno del 2019 a marzo di quest’anno.

Per accordarsi su quantità, somme e appuntamenti, gli arrestati si comportavano da veri esperti: usavano un codice di comunicazione ad hoc, criptico, studiato per non farsi pizzicare dagli investigatori. Ecco un esempio: due squilli ai fornitori e subito dopo la droga da spacciare veniva portata a casa a casa dalla coppia albanese. Movimenti che però la Mobile è riuscita a scoperchiare con una lunga attività di intercettazioni, appostamenti e pedinamenti.

Nel corso dell’inchiesta non sono mancate le perquisizioni sugli acquirenti. E con tanto di sequestri (tre complessivamente), tutti a carico dei clienti di Settimio. In un’occasione gli agenti della Mobile hanno fermato un sospettato che aveva addosso circa 15 grammi di coca. L’uomo è finito in manette. In alcuni casi lo stupefacente veniva consegnato fuori dall’abitazione di via Molino a Vento, cioè direttamente al domicilio di qualche acquirente. Se necessario se ne occupava la moglie di Settimio, la cinquantatreenne Rizzi. D’altronde il marito, ristretto ai domiciliari, non poteva uscire.

Il pugliese, va sottolineato, era già stato arrestato due anni fa nell’ambito dell’operazione “White Car”, condotta dalla Mobile e dal Reparto Investigativo dei Carabinieri di Trieste: un’altra importante inchiesta di droga che aveva coinvolto 17 individui, indagati a vario titolo per associazione finalizzata al traffico di droga e detenzione a fini di spaccio di stupefacenti. Il pugliese, ma stavolta assieme alla moglie (pure in quell’occasione arrestati), compare anche nell’inchiesta “Eat Enjoy” dello scorso giugno. Una maxi indagine di droga delle Squadre mobili di Trieste e Udine che aveva incastrato ben 26 trafficanti, indagati a vario titolo di associazione per delinquere e traffico transnazionale di cocaina.

Dalla comoda poltrona di via Molino a Vento, Settimio ora si trova in una cella del Coroneo. Stesso discorso per la moglie. I coniugi albanesi sono invece ai domiciliari.

Una curiosità. La Polizia ha chiamato l’operazione “Red Horn”, corno rosso. È una simpatica dedica a Settimio: perché il pugliese, nelle conversazioni intercettate, oltre a organizzare lo spaccio si soffermava spesso e volentieri sugli investigatori, a cui indirizzava maledicenze di ogni tipo. Il pusher augurava agli agenti tumori fulminanti, dolori e tragedie. Al che un poliziotto un giorno si è presentato in Questura distribuendo a ciascun collega un cornetto rosso portafortuna, in modo da tenere tutti bene alla larga dalle sciagure auspicate da Settimio. Che non si sa mai. —



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