Master in Terapia del dolore mirato sui malati e le famiglie

Il 12 gennaio inizia il primo corso post-laurea del Nord Est per venticinque studenti con un convegno sulle cure palliative che riunirà i maggiori specialisti italiani
Di Giulia Basso

Partirà ufficialmente il 12 gennaio all’Università di Trieste la prima edizione del Master di Primo Livello in Cure Palliative e Terapia del Dolore, un percorso di studi di un anno aperto a medici chirurghi, infermieri, psicologi, fisioterapisti e assistenti sociali, ovvero a tutte quelle figure che, a vario titolo, si occupano delle problematiche e dei bisogni dei pazienti affetti da patologia cronica degenerativa a prognosi infausta e dei loro familiari.

È il primo Master del Nord Est d’Italia dedicato alla formazione di professionisti sanitari in quest’ambito e quest’anno accoglierà 25 studenti, selezionati tra i 54 professionisti che hanno presentato domanda d’ammissione lo scorso anno. Evento inaugurale del Master sarà il convegno “Cure palliative: percorsi di cure per il futuro”, in calendario l’11 gennaio, con inizio alle 14, nell’aula magna “Rita Levi Montalcini” dell’Ospedale di Cattinara. L’iniziativa vedrà riuniti alcuni tra i maggiori specialisti in quest’ambito, dal presidente della Società Italiana di Cure palliative (Sicp) Italo Penco, alla rappresentante italiana per la Società Europea di Cure Palliative (Eapc) Danila Valenti, al bioeticista Camillo Barbisan.

A coordinare il convegno saranno Raffaella Antonione, medico specialista in Medicina Interna e palliativista, e Rita Marson, infermiera, Consigliera Nazionale della Sicp e Formatrice all’Hospice di Aviano: entrambe sono anche coordinatrici del nuovo master. «In Italia le cure palliative sono ritenute una disciplina relativamente giovane», racconta Antonione. «Fino a una ventina d’anni fa il malato tumorale, quando non poteva più essere trattato con terapie specifiche, veniva spesso “abbandonato” a se stesso. Poi in ambito oncologico è nata una nuova sensibilità: la consapevolezza che queste persone vadano aiutate a migliorare la qualità di vita con un approccio integrato, che da un lato miri ad alleviare il dolore e gli altri sintomi gravosi e dall’altro integri gli aspetti psicologici e spirituali nella loro cura, oltre ad offrire un supporto alle famiglie che devono far fronte alla malattia e al lutto». L’Italia, con la legge 38 del 2010, ha inserito per la prima volta l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza (Lea), sancendo così il diritto del cittadino ad accedere in caso di necessità a questo tipo di cure. Nel 2016 anche la nostra regione ha recepito le direttive nazionali. «Ma servono professionisti che siano formati in quest’ambito, che richiede una presa in carico globale e quindi un lavoro d’équipe - spiega Antonione -. All’Università di Trieste avevamo già inserito dal 2014 un insegnamento di Medicina Palliativa al quarto anno di Medicina, ma serviva un percorso formativo post-laurea. L’abbiamo istituito grazie al grande impegno dei professori Roberto Di Lenarda e Gianfranco Sinagra, e al sostegno delle Fondazioni CRTrieste e Foreman Casali. Il Master, strutturato in moduli, vedrà in campo tutte le migliori competenze a livello italiano, e mira a colmare una carenza importante e a formare professionisti di cui in futuro ci sarà sempre più bisogno».

Le cure palliative infatti non si occupano solo di malattie oncologiche, ma di tutte quelle patologie croniche che sono causa di morte: le sempre più diffuse patologie neurologiche degenerative e cerebrovascolari, le cardiopatie in fase avanzata, le patologie polmonari con severa insufficienza respiratoria, le epatopatie avanzate, le nefropatie in fase evoluta. «Con l’aumento significativo della popolazione anziana, particolarmente evidente a Trieste, ci troviamo dinnanzi pazienti con più patologie che spesso convivono per lungo tempo con fragilità e disabilità che ne compromettono la qualità di vita. Garantire a questa persone la propria dignità fino alla fine, nel rispetto delle loro volontà, è un tema sempre più rilevante - sottolinea Antonione - tanto che i sistemi sanitari di tutt’Europa, sotto la spinta dell’Oms, stanno sviluppando progetti per la presa in carico di questi pazienti».

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