Meno paletti lessicali e più parole in libertà, e i bimbi sprigionano il loro intuito in classe

TRIESTE «Il lessico familiare non va stroncato o normato. In famiglia si usa una lingua speciale che si costruisce assieme e dove ognuno mette la sua creatività. È uno spazio libero, dove ci sono termini dialettali, ma anche le parole del fratellino più piccolo, che parla ancora con una pronuncia tutta sua, o dove i nomi dei componenti sono sostituiti da nomignoli». A sostenerlo è Veronica Ujcich, insegnante di scuola primaria, sperimentatrice e autrice di libri, che si occupa di ricerca, formazione e didattica, secondo cui l’importante, in sostanza, è che i piccoli siano consapevoli che si tratti di una “lingua domestica”: «In generale, i bambini dovrebbero essere stimolati a parlare e ascoltare. A scuola si nota spesso se un bimbo è stato esposto di più alla lingua parlata perché dimostra una competenza linguistica diversa».
Ujcich, appassionata di sperimentazione didattica, è autrice di diversi libri. È appena stato pubblicato il suo “Grammatica dei bambini: le parole” (Carocci Faber, 203 pagine, 2020, 18 euro), che propone percorsi di riflessione linguistica sulle diverse parti del discorso. «L’aspetto innovativo del nostro metodo - spiega - è partire dall’osservazione e dalla discussione sulla lingua in classe, un metodo chiamato “per scoperta”. Le sperimentazioni hanno dimostrato che ascoltando i ragionamenti degli alunni senza secondi fini, cioè senza voler “raddrizzarne” le osservazioni, ci si rende conto che possiedono intuizioni di livello ampiamente superiore rispetto a quello abitualmente proposto nella didattica».
I percorsi individuati da Ujcich, inoltre, dividono i contenuti in livelli di difficoltà e non per classi: si va dal livello base a quello medio fino all’avanzato. Al primo volume, scritto assieme a Stefania Tonellotto, ne seguiranno altri due, uno dedicato alla frase, con la collaborazione di Diana Vedovato e Vera Zanette, e un altro dedicato alla lingua, a cura della stessa Ujcich ma con contributi di tutte e quattro le docenti.
All’interno di “Grammatica dei bambini: le parole”, grande spazio viene dato alla fantasia, che caratterizzava anche il libro precedente dell’autrice, dal titolo “Grammatica e fantasia” (Carocci Faber 2011, seconda edizione, 134 pagine, 2020, 12 euro).
«I richiami a immagini reali o inventate costituiscono un punto di partenza», continua l’insegnante: «Si chiede ai bambini di immaginare, inventare nomi e definizioni provvisorie che poi verranno pian piano sostituite». Secondo il metodo proposto, non si tratta solo di imparare regole a memoria ma soprattutto di mettersi alla prova, magari inventando per gioco, appunto, lingue inesistenti. Infine, anche gli errori vengono visti sotto un’altra luce: «Come scrive Lo Duca, il percorso mentale che ha indotto l’errore può diventare un momento altamente formativo e gratificante per il bambino». Insomma, se cerchiamo di capire come è nato lo sbaglio, esso diventa parte del processo di scoperta. Non viene considerato un risultato negativo ma il segnale di un percorso a tappe che può evitare di generare nei bambini un sentimento di umiliazione o la paura di parlare per non sbagliare.
«La lingua è viva e cambia nel tempo», conclude Ujcich: La didattica deve rendersi conto di ciò e di tutte le variazioni linguistiche. La nostra generazione ha interiorizzato determinate norme e per molto tempo, come genitori e come insegnanti, non ci siamo domandati se valessero ancora».—
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