Migrante morto a Trieste, lo sdegno del sacerdote: «Inutile una città piena di luci se accanto c’è la disperazione»

Don Paolo Iannaccone, guida del Centro Balducci, aveva lanciato un monito pochi giorni fa. Il direttore della Caritas, Giovanni La Manna: «Ognuno faccia la propria parte per dare dignità»

Laura Tonero
L’intervento della Polizia per lo sgombero ieri mattina in Porto Vecchio Foto Lasorte
L’intervento della Polizia per lo sgombero ieri mattina in Porto Vecchio Foto Lasorte

«Inutile riempire la città di lucette di Natale se poi a pochi passi, in Porto Vecchio, c’è la disperazione». Don Paolo Iannaccone, il sacerdote triestino che guida il Centro Balducci di Zugliano, a Udine, appresa mercoledì sera la notizia del giovane migrante trovato senza vita in uno dei magazzini oggetto dello sgombero, punta indirettamente il dito verso l’amministrazione comunale.

Forze dell’ordine in Porto Vecchio a Trieste: nuovo sgombero dei migranti
Lo sgombero in Porto Vecchio (Lasorte)

«Difronte a questo dramma il mio cuore è addolorato – così Iannaccone – non riesco a pensare alla morte di questa persona a Trieste, in una città ora piena di lucette, dove si rasenta contemporaneamente la massima disumanità. Non è possibile andare avanti così, con luci e suoni, sapendo che a pochi metri c’è quella disperazione».

Trieste, migrante trovato morto in Porto vecchio
Sul posto del ritrovamento. Foto Bruni

Iannaccone era intervenuto proprio pochi giorni fa, a seguito delle morti per intossicazione da monossido di tre migranti, due a Udine e uno a Pordenone, mentre tentavano di riscaldarsi. In quel contesto aveva fatto riferimento anche all’antico scalo triestino, dove «vivono 160 richiedenti asilo», «nessun morto ancora, ma probabilmente è solo questione di tempo».

Un timore, un presagio, quello del sacerdote che ha trovato purtroppo conferma mercoledì con la morte del giovane algerino.

Tre migranti morti per riscaldarsi in Fvg: «Inerzia colpevole delle istituzioni»
Il triestino don Paolo Iannaccone gestisce il Centro Balducci di Zugliano

«Credo che questi episodi – dichiara Iannaccone riferendosi appunto al caso di ieri sera – debbano farci venire un rigurgito di coscienza, perché non è pensabile avere il cuore spento. Forse quella persona, se accolta, non faceva quella fine, ma con i “se” non si fa la storia». «Non sappiamo ancora nulla di questa persona – constata – il suo vissuto, i motivi della morte, ma credo che al di là di questi elementi che verranno probabilmente chiariti nella prossime ore, questo sia un segnale forte che deve farci capire che va presa un’altra rotta da parte di tutte le nostre città, dell’intera regione – aggiunge – perché l’accoglienza vuole dire anche prendersi cura della debolezza e della fragilità di queste persone».

L’ex parroco di Borgo San Sergio, che da oltre tre anni dirige il Centro Balducci, ritiene che «questo sia il momento di stare in silenzio e di capire che forse un altro modo di affrontare l’incontro con le persone c’è, è possibile, anzi è doveroso in virtù della nostra umanità».

Impegnato in prima linea nell’accoglienza, padre Giovanni La Manna, il direttore della Caritas diocesana sostiene che «sulla morte di una persona c’è poco da dire, se non esprimere il dispiacere per una vita che è finita». E valuta come sia «triste sapere che un uomo che è scappato dal suo Paese per cercare un’opportunità e per tentare di rimettersi in piedi in sicurezza, invece qui ha trovato la morte».

Il direttore della Caritas lancia un appello: «Chiediamo la responsabilità di tutti, ognuno deve fare la propria parte per dare risposte dignitose a coloro ai quali, con la Convenzione di Ginevra, riconosciamo il diritto di venire a chiedere protezione».—

 

Argomenti:cronaca nera

Riproduzione riservata © Il Piccolo