Migranti dal Pakistan alla Bosnia con i finti visti dell’ambasciata

Tremila persone giunte in aereo a Sarajevo e dirette verso l’Ue: la Procura nazionale apre un’indagine
epa07042194 Refugees wait to be registered in the Asylum Service in the Identification Center of Moria, Lesvos island, Greece, 23 September 2018. Efforts to relieve overcrowding that have stretched facilities at the reception and identification centre to breaking point are now underway, with 400 scheduled to leave for the mainland on 24 September and another 1,080 within the week. The total number of migrants and refugees officially residing on Lesvos is currently 10,841 as of September 21, of which 8,706 live in Moria. The camp is divided into a bewildering puzzle of zones and sections, including a 'safe zone' where access is restricted to the unaccompanied underage girls that live there and staff that work there, as well as areas for new arrivals, a neighbouring olive grove managed by an NGO, all of which comprise the anarchic "town" that has grown around the Moria camp. EPA/PANAGIOTIS BALASKAS ATTENTION: This Image is part of a PHOTO SET
epa07042194 Refugees wait to be registered in the Asylum Service in the Identification Center of Moria, Lesvos island, Greece, 23 September 2018. Efforts to relieve overcrowding that have stretched facilities at the reception and identification centre to breaking point are now underway, with 400 scheduled to leave for the mainland on 24 September and another 1,080 within the week. The total number of migrants and refugees officially residing on Lesvos is currently 10,841 as of September 21, of which 8,706 live in Moria. The camp is divided into a bewildering puzzle of zones and sections, including a 'safe zone' where access is restricted to the unaccompanied underage girls that live there and staff that work there, as well as areas for new arrivals, a neighbouring olive grove managed by an NGO, all of which comprise the anarchic "town" that has grown around the Moria camp. EPA/PANAGIOTIS BALASKAS ATTENTION: This Image is part of a PHOTO SET

BELGRADO Un Paese balcanico extra-Ue usato come “piattaforma” di atterraggio per migranti extracomunitari irregolari, arrivati via aereo con visti emessi illegalmente, risparmiando così migliaia di chilometri di insidioso viaggio per terra e per mare via Iran, Turchia, Grecia, Serbia, fino ad approdare in Bosnia. Bosnia da dove potevano appunto tentare poi il passaggio in Croazia e di lì proseguire verso l’Europa più ricca.

È questo il complesso e allarmante scenario sul quale si indaga in Bosnia-Erzegovina, dove – tra polemiche politiche e apprensione internazionale - sta tenendo banco il sospetto che migliaia di cittadini pakistani siano illegalmente entrati nel Paese nel corso del 2019 con dei visti concessi in maniera fraudolenta, e da lì abbiano poi proseguito verso i Paesi dell’Unione europea.

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A suggerire l’esistenza dello scandalo era stato per primo il membro serbo della presidenza tripartita bosniaca, il leader nazionalista serbo-bosniaco Milorad Dodik, che in un intervento in Tv aveva rivelato di aver ricevuto informazioni attendibili dal ministero bosniaco della Sicurezza in merito alle presunte azioni illegali «dell’ambasciatore» di Sarajevo «in Pakistan». Secondo quanto sostenuto da Dodik, la feluca Sakib Forić avrebbe «falsificato visti d’ingresso» per la Bosnia «per più di tremila pakistani». A corroborare la tesi di Dodik, il leader dell’Hdz-BiH, Dragan Cović, che aveva confermato che la Bosnia deve fare i conti con «tremila e passa persone con finti visti», in giro per il Paese o già arrivati in altri lidi europei.

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Solo illazioni? A stabilirlo sarà un’approfondita indagine avviata dalla Procura nazionale bosniaca, che sta indagando non solo sul caso Pakistan, ma anche su «visti falsi concessi a cittadini iracheni», come ha riportato la Tv pubblica di Sarajevo. Su questa linea sono anche le denunce dell’autorevole Times londinese, che ha parlato di gruppi su Facebook in lingua urdu dove ancora oggi «si offrono visti bosniaci in vendita»; o altri che propongono occasioni per la seconda parte del viaggio, con «trasferimenti in taxi» e in auto «dalla Bosnia all’Italia, per evitare «le durezze» del passaggio a piedi della frontiera. Il Times ha citato anche fonti delle Nazioni Unite, che hanno segnalato che soltanto un centinaio di pakistani era giunto in Bosnia nel gennaio del 2019, mentre nei mesi successivi si era registrato un forte aumento degli arrivi. A luglio, ad esempio, i pakistani registrati in Bosnia erano circa duemila, mille a giugno, con numeri costanti anche durante l’estate, prima di un riflusso in autunno.

Ma c’è anche un’altra voce, quella che nega seccamente uno scenario preoccupante anche per l’Ue quale può essere quello di un Paese sul limes europeo che permette l’ingresso di migranti irregolari, a causa di presunte mele marce nella sua diplomazia. «Non abbiamo emesso alcun visto falso, rigettiamo tutte le accuse», ha contrattaccato infatti l’ambasciatore Foric, che si è spinto fino a chiedere le scuse di Dodik e del ministro della Sicurezza Fahrudin Radončić. Radončić, nel frattempo, ha accusato il Pakistan di non cooperare nell’identificazione dei suoi cittadini arrivati in Bosnia, biasimandone il «comportamento irresponsabile» e creando una mezza crisi diplomatica. Lo stesso Radončić aveva promesso di compilare una lista di migliaia di migranti non provenienti da zone di guerra, impegnandosi a rispedirli in patria.

La questione dei presunti finti visti sta creando intanto anche un terremoto politico, con il ministero degli Esteri bosniaco e il membro bosgnacco della presidenza, Sefik Dzaferović, che si sono schierati a difesa dell’ambasciatore messo nel mirino. Una questione complessa, ancora agli inizi. E che rischia comunque di portare pesanti ricadute interne e internazionali. —


 

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