Migranti accampati in largo Santos, la Questura: «A breve il divieto»

Stop ai bivacchi notturni sotto la tettoia del Porto Vecchio. Il questore Fredella: «Ragioni di sicurezza dovute ai cantieri»

Gianpaolo Sarti
La conferenza stampa (Silvano)
La conferenza stampa (Silvano)

I migranti non potranno più accamparsi sotto la tettoia di largo Santos, all’ingresso del Porto Vecchio. Né di giorno, né di notte. Lo ha annunciato la Questura venerdì mattina rispondendo alle domande dei giornalisti durante un incontro con la stampa su varie tematiche di attualità aperto dal questore di Trieste Lilia Fredella e poi condotto dal portavoce e dirigente dell’Ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico (le volanti) Francesco Camerotto.

Migranti accampati in Porto Vecchio: presidio fisso delle associazioni
Alcune volontarie delle associazioni in Porto Vecchio (Silvano)

Ci sono ragioni di «sicurezza», in vista dei lavori in Porto Vecchio, che rendono indispensabile interdire l’area dove dimorano i migranti. Come chiarito dalla Questura, infatti, tra i magazzini attualmente abbandonati e le zone limitrofe alla pensilina di largo Santos, dove appunto ora trovano riparo i profughi, è previsto il transito dei mezzi impiegati per i cantieri. L’area sarà oggetto di scavi e fungerà da deposito di materiali.

Non è stato ancora stabilito quando scatterà effettivamente il divieto. Il tema – dunque la gestione e il collocamento delle decine di persone che, da settimane ormai, stazionano di notte sotto il porticato – sarà affrontato «prossimamente» in una riunione in prefettura dal Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica.

Migranti di nuovo all’addiaccio nel Porto Vecchio di Trieste
Un momento dell’operazione in Porto Vecchio condotta dai Carabinieri (foto Silvano)

Si tratta di migranti della rotta balcanica in attesa di accoglienza. Fino all’anno scorso si rifugiavano al Silos, in condizioni igieniche raccapriccianti. Successivamente, dopo lo sgombero e il transennamento della struttura, in molti – perlopiù pachistani e afghani – hanno occupato i magazzini degradati del Porto Vecchio. E, negli ultimi mesi, anche gli spazi sotto la tettoia all’ingresso. Alcuni magazzini risultano tuttora popolati di persone. Non solo afghani e pachistani, ma pure marocchini, tunisini ed egiziani.

Stando ai dati diramati in questi giorni dall’Ics, in un comunicato diffuso congiuntamente con International Rescue Committee, Linea d’Ombra, ResQ, Diaconia Valdese, No Name Kitchen e Fondazione Luchetta, sono 113 i profughi che avrebbero presentato domanda di protezione internazionale ma a oggi in attesa di accoglienza. Un numero confermato dalla Questura.

Le onlus, in quella stessa nota, sostengono che «nelle ultime settimane sono iniziati degli allontanamenti forzati nell’androna a lato dell’ingresso del Porto Vecchio, dove circa un centinaio di persone, in mancanza di un’adeguata accoglienza, cerca riparo notturno. Gli interventi hanno incluso il sequestro di beni essenziali – coperte, sacchi a pelo, scarpe – affidato alla ditta Italspurghi. Una pratica vessatoria e inaccettabile in uno Stato di diritto, che le organizzazioni condannano con forza».

Da qui la richiesta della «sospensione immediata degli allontanamenti forzati e delle pratiche di sequestro dei beni personali, dell’accesso immediato all’accoglienza per tutte le persone richiedenti asilo e l’aumento dei trasferimenti in misura adeguata agli arrivi e l’attivazione di una struttura ad alta rotazione per le persone abbandonate in strada in attuazione degli obblighi derivanti dal diritto Ue».

La Questura, incalzata dai giornalisti e senza entrare in polemica con le associazioni umanitarie, ha precisato che il compito degli agenti che intervengono di mattina in Porto Vecchio non è quello di sgomberare le persone: i migranti vengono «allontanati» per consentire alla ditte incaricate di pulire gli spazi, come programmato quotidianamente. Così sia all’ingresso del Porto Vecchio, sia in piazza Libertà.

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