Le opere di Massimiliano d’Asburgo restituite alla collezione di Miramare
Dal 2001 i quattro dipinti si trovavano nei depositi della Soprintendenza, dove sono stati oggetto di studio e restauro

Quattro opere appartenenti alla collezione privata di Massimiliano d’Asburgo sono tornate finalmente al Castello di Miramare. I quattro dipinti sono rimasti per una serie di eventi, a partire dal 2001, nei depositi della Soprintendenza, a Palazzo Economo, dove sono stati restaurati e studiati a fondo.
Nel gennaio di quest’anno il Museo del Castello di Miramare ha chiesto la restituzione e ora sono tornati visibili al pubblico in una nuova installazione. «Le collezioni non si spezzano», ha esordito Andreina Contessa, direttrice del Museo storico e del Parco del Castello di Miramare.

«È un momento che aspettavamo da tempo – ha aggiunto – perché queste opere apportano anche un discorso molto importante di ricerca sul museo e soprattutto sulla figura di Massimiliano. Restituirle al loro contesto originario significa riscoprire anche la passione dell’arciduca come collezionista eclettico».
I dipinti, “Il Gusto”, “L’Odorato”, “Testa di vecchia” e “Ritratto maschile”, raccontano le due anime della raccolta di Massimiliano: da un lato, gli acquisti sul mercato antiquario, con l’intento di rappresentare le scuole pittoriche italiane, in particolare quella veneziana; dall’altro, l’eredità di famiglia, attraverso opere provenienti dalle raccolte asburgiche.
Le prime due tele, “Il Gusto” e “L’Odorato” appartengono a un ciclo seicentesco dedicato ai Cinque Sensi, attribuito a Johann Heinrich Schönfeld. Erano parte del patrimonio privato degli Asburgo, e Massimiliano le portò con sé a Miramare, scegliendole tra le più significative.

Le altre due opere, “Testa di vecchia” e “Ritratto maschile”, di scuola veneta, furono acquistate per arricchire la quadreria personale che l’arciduca stava costruendo nel castello, seguendo un progetto coerente e colto. «I quadri raccontano due modi che Massimiliano aveva di costituire la sua quadreria – ha spiegato Alice Cavinato, responsabile delle Collezioni del Museo – non raccoglieva solo per estetica, ma per costruire un repertorio delle migliori scuole pittoriche italiane, puntando in particolare sulla tradizione rinascimentale e barocca, in linea con le teorie artistiche sviluppate a Vienna tra Settecento e Ottocento».
Lo studio delle opere ha permesso di ricostruire la provenienza e i vari passaggi all’interno del castello dall’antica Galleria alla Sala del Trono, fino alla rimozione e al deposito. Una ricerca meticolosa ha coinvolto inventari, corrispondenze d’epoca e documenti d’archivio, oltre ad approfondimenti tecnico-scientifici sulle tele stesse.
Questo lavoro ha consentito anche di ritrovare, o meglio di identificare, le altre tre tele del ciclo dei Cinque Sensi, attualmente conservate tra Salisburgo, Zurigo e la Francia grazie ad un’indagine internazionale che restituisce dignità e completezza a una collezione da troppo tempo dimenticata.
La presentazione della restituzione è stata accompagnata da un video-documentario di dieci minuti che ripercorre le fasi che hanno consentito di ricostruire tutti i passaggi della storia dei dipinti e le loro collocazioni nel castello attraverso fotografie delle sale, documenti e una sorta di mappa del posizionamento delle singole opere sulle pareti.
Al termine del video è stato spento l’imponente lampadario della Sala Rosa dei Venti e, accompagnate da un applauso, sono state illuminate le quattro opere che finalmente sono state visibili in tutta la loro bellezza. —
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