Molini De Franceschi: sono in pericolo 57 posti di lavoro

La crisi, ora, morde anche il mais. Allarme per uno dei più importanti protagonisti del settore cerealicolo: la De Franceschi spa Monfalcone. Cgil, col segretario provinciale Paolo Liva, denuncia infatti «un passivo 2014 che si aggira sui 5 milioni di euro», al di sotto comunque del capitale sociale d’azienda, e il ricorso allo strumento della cassa integrazione (causato dalla drastica riduzione delle lavorazioni nell’ultimo periodo) per i 57 operai occupati. Da luglio dello scorso anno, ricordiamo, i lavoratori hanno aderito ai contratti di solidarietà.
Dunque si aggrava la situazione per l’industria molitoria locale. Parliamo di un’azienda leader in Italia nella macinazione del mais, fondata nel 1966 dalla famiglia De Franceschi, mugnai e imprenditori di antica tradizione. Oggi in fabbrica si terrà un’assemblea, convocata dai sindacati per prospettare la situazione in cui versa la società monfalconese, alla luce degli ultimi incontri avuti da Luciano Sartori della Cgil-Flai, responsabile per l’Agricoltura e l’industria alimentare, con il capo del personale Mauro Gaiarsa e il consulente Franco Casagrande.
La Confederazione è preoccupata per il quadro economico emerso nel corso dei tavoli e nello stesso tempo vuole fare chiarezza su una serie di ipotesi (al momento infondate per la sigla sindacale) che in fabbrica stanno circolando tra gli operai. Si sostiene infatti vi sia una trattativa in corso con un grande gruppo per il business della macinazione, cui potrebbero far gola la capace banchina di attracco della De Franceschi, punto di snodo fondamentale a nord del Mediterraneo, le torri per lo sbarco e imbarco di granaglie alla rinfusa, l’impiantistica e le tecnologie in dotazione, in grado di garantire produzioni molto elevate. Liva dice che tra i potenziali interessati figurerebbero «Gruppo Casillo, che ha quattro terminal portuali a Bari, Palermo, Catania e Ancona; Pasta Zara e una società francese». Ma, ragiona il segretario, l’eventuale trattativa «non può certo essere avviata con tutti».
Così, per dar corpo o smentire le voci di corridoio Liva ha convocato un esponente della segreteria nazionale Flai, Marco Gentile, volato ieri a Monfalcone da Roma. Fumata nera. «La categoria - dice - ha chiesto supporto ai nazionali perché, nel caso di cessione, solo alcuni grandi gruppi potrebbero assorbire il personale e soprattutto una struttura di quel tipo lì». Ricordiamo che lo stabilimento alle porte di Marina Julia si estende per oltre 80mila metri quadrati. «Chiederemo un incontro urgente con la De Franceschi - ancora Liva - per capire se vi sono trattative di vendita in corso, eventualmente con chi e con quali riscontri». Il sindacato è preoccupato per il «calo drastico delle ore lavorate, l’aumento della solidarietà e la recentissima richiesta di ricorso alla cassa integrazione ordinaria». Al momento è operativa solo una decina di dipendenti.
«In stabilimento sta circolando di tutto e di più - prosegue Liva -. Voci che allo stato attuale non possono essere confermate o smentite. Non c’è nulla di ufficiale. Alcuni gruppi potrebbero essere interessati, e qualche imprenditore potrebbe aver visitato i silos, ma di concreto non c’è nulla. Se una trattativa è in corso lo sa solo De Franceschi e per questo vogliamo parlare con l’azienda». «Da incontri ufficiali avvenuti nelle ultime settimane - conclude Liva - è emerso il dato di un “rosso” che si aggira sui 5 milioni. La nostra percezione è che non vi sia indebitamento con banche: l’azienda starebbe erodendo risorse interne, ma prima o poi finiranno se è vero che, proseguendo di questo passo, ogni mese si accumulano circa 200mila euro. Le alternative sono solo due: tentare una vendita o un nuovo piano industriale per rilanciare l’attività».
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