"Moncini caso strumentale? Fu Malnati a dare lo scoop"

Caso Moncini. A parlarne - partendo dall’articolo che il settimanale diocesano Vita Nuova, con il vescovo Giampaolo Crepaldi che parlava di strumentalizzazione da parte delle cronache - è il sindaco Roberto Cosolini, che si esprime su Facebook riportando proprio il titolo di Vita Nuova, “E con questo il caso è chiuso”. Un’affermazione cui Cosolini aggiunge un «ma». Sottolineando appunto come il vescovo abbia giudicato «strumentale» il rimbalzo sulle cronache, il sindaco annota come sia bene «fare un po’ di chiarezza» sull’innesco della polemica sulla presenza di Sandro Moncini (finito in carcere e condannato in America per una storia legata alla pedofilia) come volontario a una festa per i bambini a San Vito.
Inizialmente, scrive il sindaco, «ho giudicato la vicenda, forse a torto, molto legata a un confronto e per certi versi scontro di sensibilità e posizioni dentro il mondo cattolico». Ma poi Cosolini ricorda come sia emerso pubblicamente un particolare: don Malnati, il vicario episcopale per il laicato e la cultura, «aveva telefonato alla redazione del Piccolo prima della festa annunciando la presenza di Moncini». È dunque a Malnati «che si rivolge ora mons. Crepaldi a proposito del “rimbalzo strumentale alle cronache”?» Se così fosse, «capisco e condivido - scrive il sindaco - anche perché forse era lecito attendersi che don Malnati invece che annunciare lo scoop (al Piccolo, ndr) telefonasse all’associazione “Le Buone Pratiche” (organizzatrice dell’evento, ndr) rivolgendosi al presidente o al vice che sono membri della Chiesa di Trieste, per esprimere la sua preoccupazione e il suo dissenso e invitarli a evitare la presenza (ndr, di Moncini). Poi loro avrebbero deciso secondo coscienza». Ma ciò «pare non sia successo». Eppure «sarebbe servito a prevenire invece che denunciare»,azione «più adeguata per un uomo di Chiesa che credo dovrebbe anche avere a cuore di evitare, se possibile, a un credente impegnato nel volontariato una gogna pubblica che può distruggere e che oggi appare ancor meno spiegabile».
«Ho tenuto un “low profile” sulla vicenda - scrive Cosolini - ritenendo che il sindaco dovesse semplicemente dire i motivi per cui è andato alla festa, che erano e sono giusti. Non avrei ritenuto una spiegazione necessaria riferire che già nel 2009 e nel 2010 (giunta allora retta da Dipiazza, ndr) il Comune aveva sostenuto l’iniziativa coi medesimi attori smascherando così qualche piccolo, misero, farisaico tentativo di speculazione e dò atto volentieri a gran parte del centrodestra di non averlo peraltro fatto». Come poi «la medesima festa, con i medesimi organizzatori, tra cui Moncini, fosse passata inosservata nel 2009 e nel 2010 quando a “legittimarla” con il patrocinio e incontri preparatori era stata la giunta Dipiazza, resta e resterà un mistero». Anche per questo, il sindaco rinvia al mittente la definizione di “arrogante” piovutagli da parte del consigliere regionale Pdl Piero Tononi, «la cui attività istituzionale, di proposte e studio di leggi, di interventi in aula e in commissione è così “intensa” da farne, visto che è pagato con i soldi dei contribuenti, una specie di spot vivente della campagna “Dimezziamoli”», punge il sindaco.
«Va certo bene anche a me che “il caso si chiuda” anche se non tutti i dubbi sono sciolti - chiude il sindaco - e mi rimane il disagio e l’amarezza per una chiamata in causa pesante quanto ingiusta della quale non ho avuto spiegazioni. Viene in mente la frase del senatore Andreotti: “A pensar male si fa peccato, ma ci si azzecca quasi sempre”.
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