Monfalcone, ha 45 anni la culla delle maxi-petroliere

L'anniversario del bacino che consentì la costruzione di navi enormi: il 22 luglio 1968 l’inaugurazione e la consegna della Caterina M. Giganti del mare fatali a centinaia di cantierini

Della Caterina M. restano probabilmente alcune lamiere arrugginite dimenticate chissà dove o, nella migliore quanto improbabile delle ipotesi, ora è una vecchia carretta. Eppure la turbocisterna Caterina M. di 225mila tonnellate di portata lorda per il nostro cantiere vanta due record storici. È stata la prima super-petroliera costruita nel bacino del cantiere di Panzano. Che proprio il 22 luglio di 45 anni fa divenne operativo, appunto con l’impostazione - ora più ora meno - di Caterina M. Un gigante dei mari che doveva trasportare quanto più petrolio, grezzo, possibile navigando il periplo dell’Africa essendo chiuso il Canale di Suez dopo la guerra dei Sei giorni, una delle tante crisi del Medioriente.

La dirigenza dell’allora neonato Italcantieri (da due anni aveva soppiantato il mitico acronimo Crda per effetto di una ristrutturazione aziendale) aveva fiutato il vento in anticipo. Il mondo aveva fame di petrolio e di super-petroliere. Scavarono l’enorme bacino capace di far lievitare bestioni galleggianti da 300mila tonnellate. Per costruirlo fu sacrificata la vecchia linea scali sovrastata dalla gigantesca teleferica (simbolo del cantiere del primo Novecento) e ripensata la dislocazione delle linee scafo e l’organizzazione del lavoro. Dopo Caterina M., fino al 1977, furono realizzate 27 unità di queste dimensioni. Il bacino fu ulteriormente ampliato nel 1974 non senza il sacrificio di molti operai. Catena di tragedie ricordata da una lapide murata nel vecchio ingresso del cantiere. Vittime recentemente ricordate anche da Enrico Bullian, nella sua importante tesi di dottorato in storia.

Scavato lo scalo fu riordinato anche il molo Trieste dove furono portate a tre le banchine di allestimento. Alla più estrema, quasi un’isola in mezzo al golfo di Panzano, era stato attribuito il nome di Corea. Incerta l’etimologia. Tra le origini, sembra fosse un luogo di punizione. O dove venivano assemblati i battiscafi da inviare nel teatro di guerra coreana. In mezzo al molo l’officina dei tubisti fu trasformata in un’apparentemente asettica officina dedicata all’allestimento. Lì dentro c’era la morte per migliaia di cantierini. Lì dentro c’era il magazzino amianto. Proprio sulle super-petroliere - e veniamo al secondo record di Caterina M. - l’utilizzo dell’amianto fu massiccio. Per l’isolamento venivano usati pannelli di Marinite pieni zeppi di eternit. Alle prime, timide rimostranze sulla pericolosità del materiale, spuntarono pannelli di Navilite. Indovinate di cos’erano fatti? E per chiudere un appello alla Cassazione. Monfalcone aspetta da almeno cinque anni la sentenza sui cantierini sperduti nell’amianto. Saremo ogni giorno un po’ di meno, ma non smetteremo di aspettare.

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