Monfalcone, ladri di frighi e tv al centro rifiuti: rivenduti sul mercato nero

Contro il fenomeno al Lisert il gestore punta su fototrappole. Oltre ai danni per le incursioni anche la perdita di contributi 
Bonaventura Monfalcone-03.07.2018 Centro raccolta rifiuti-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-03.07.2018 Centro raccolta rifiuti-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura

MONFALCONE Vanificano la buona condotta dei monfalconesi, saccheggiando il Centro di raccolta dei suoi pezzi più “pregiati”. Lavatrici che hanno conosciuto centrifughe migliori, motori ormai col fiato corto o schermi a cristalli liquidi su cui è calata la scritta game over. Tutti rigorosamente non funzionanti. E non per questo, però, privi di un valore. Anzi, sulla piazza dei Raee – i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche – un valore ce l’hanno eccome, visto che ogni anno Isa Ambiente si vede corrispondere «decine di migliaia di euro», in termini di contribuzione statale, per il corretto smaltimento della preziosa immondizia, come sottolinea il direttore della multiutility Giuliano Sponton.

Bonaventura Monfalcone-03.07.2018 Centro raccolta rifiuti-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-03.07.2018 Centro raccolta rifiuti-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura


Il guaio è che la nuova frontiera dei furti in città è diventata appunto depredare la discarica del Lisert, per far ripartire, aggiustandoli, quegli ingranaggi che ancora potrebbero camminare. Oppure per cannibalizzare, smontandole pezzo per pezzo, le apparecchiature nient’affatto intenzionate a ripartire. Colpi per nulla sofisticati, quasi un canovaccio dei film di Totò: un paio di cesoie a creare il varco nella recinzione e poi via a gambe levate, col malloppo sul groppone. Tant’è che è capitato che le forze dell’ordine intercettassero, nelle loro ricognizioni, i predoni, poi denunciati. «Dunque tre danni per Isa», ricapitola Sponton, il quale sta valutando l’inserimento di foto-trappole ad arginare il fenomeno: «La perdita del materiale» che costituisce un ritorno economico se smaltito, il «ripristino della recinzione» e, nel caso non remoto (l’area del Lisert è tappezzata di telecamere) in cui si risalga all’identità dei ladri, «l’incombenza della costituzione di parte civile in un processo, con relativo esborso». Pur se l’autore, magari, è solo di passaggio sul territorio nazionale e dunque difficilmente, alla resa dei conti, varcherà la soglia di un tribunale.

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L’ultima incursione una decina di giorni fa, col personale del Centro rifiuti di via Consiglio d’Europa costretto poi a recuperare nei paraggi i carrelli impiegati per il trasporto e abbandonati qua e là dai ladri. «I rifiuti più gettonati da chi compie gli ingressi non autorizzati, violando la proprietà privata – riferisce sempre Sponton –, sono le batterie al piombo, i motori di frigoriferi o quelli che in gergo noi chiamiamo i “grandi bianchi” (lavatrici, lavastoviglie, forni, ndr). Cioè apparecchiature che, se riparate, possono avere una seconda vita». Spesso i pezzi sottratti vengono spogliati di tutti i materiali più pregiati (in particolare il rame, ma anche ferro, zinco e legno) e venduti al mercato nero, mentre gli scarti vengono gettati ai bordi delle strade, inquinando l’ambiente. «Le incursioni violano il principio base dei centri di raccolta, ovverosia che i rifiuti da lì escono solo su circuiti riconosciuti e legali», ribadisce il direttore di Isa. Vengono infatti trattati e destinati al recupero differenziato.

Ma si tratta di un illecito del sottobosco locale oppure di persone di passaggio, che poi prendono la via dell’Est? «Senz’altro si registra quest’ultima casistica – replica Sponton –, spesso però ignoriamo chi siano gli autori dei raid e talvolta, tale è la mole di ingombranti custodita nel centro, neppure sappiamo cosa esattamente sia stato prelevato. È tuttavia capitato ai nostri vigilantes, come pure alla Polizia, di imbattersi nei ladri». È accaduto solo un mese fa. «Il guaio è che i rifiuti Raee portati qui dai cittadini – sottolinea – sono oggetto di contributi da parte del consorzio nazionale, che eroga ai Comuni proprietari dei sito fondi precipui». Si tratta di «un fenomeno diffuso, conosciuto anche a Moraro e Gorizia», conclude quasi rassegnato il direttore. —




 

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