Monfalcone, le ossa di Polentarutti tagliate e bruciate: nel cellulare spunta la sim di Garimberti

MONFALCONE Ossa parzialmente carbonizzate e tagliate. Una quarantina rispetto alle circa 200 che compongono lo scheletro umano. È quanto era stato trovato il 2 novembre 2012, nella vasca 11 di raffreddamento della centrale A2A, dagli addetti che stavano eseguendo la pulizia. Ossa appartenenti al 40enne monfalconese Ramon Polentarutti, avevano confermato le comparazioni del Dna. L’uomo era scomparso il 14 aprile 2011. Quelle ossa erano contenute in due sacchi, uno nero l’altro contrassegnato dalla sigla del discount DiPiù. Come le buste della spesa rinvenute nell’abitazione in via Carducci di Roberto Garimberti, il 53enne ora a processo al Tribunale di Trieste per omicidio volontario, distruzione e soppressione di cadavere. Ieri, davanti alla Corte d’Assise presieduta dal giudice Luigi Dainotti, a latere Marco Casavecchia, e dai giudici popolari, è iniziata la prima escussione dei testi. È spiccato un aspetto: l’ultimo “segnale” telefonico di Ramon risale al 9 aprile 2011, a notte inoltrata. Un accesso internet. E l’11 aprile nel cellulare del monfalconese era stata inserita una nuova scheda telefonica, intestata a Garimberti.
Antonia Franzutto, allora medico chirurgo specializzanda in Medicina legale, quel 2 novembre aveva eseguito il sopralluogo al Valentinis. La teste, consulente della pubblica accusa dei pm Laura Collini e Andrea Maltomini, ha raccontato che le era stato consegnato il sacco al fine di stabilire se si trattasse di parti di ossa umane. «Era venerdì verso le 15.30 – ha spiegato –. Mi avevano presentato l’involucro aperto, avevo notato i reperti ossei, frammisti ad altro materiale, compresi frammenti legnosi». Le ossa «annerite alle estremità, quasi tagliate». E uno degli strati che avvolgevano i reperti aveva la scritta commerciale, ha aggiunto.
Tutto trovato nel fondo di una di quelle vasche. La 11 ha spiegato Giorgio Buttò, all’epoca responsabile anti-crimine del Commissariato, andato in pensione in qualità di commissario, quando ha preso posto al banco dei testi. Il sacco nero, dunque, e quello del DiPiù, come quelli «trovati nell’abitazione di Garimberti, in via Carducci», dove Ramon assieme alla compagna Francesca Costantino e la loro figlia allora di 2 anni avevano preso in affitto l’appartamento sottostante, 100 euro al mese. E ancora le date: l’ultima pulizia alle vasche di A2A prima del rinvenimento delle ossa era avvenuta nel maggio 2010. Buttò ha fornito un altro passaggio quando ha osservato che «una delle vertebre toraciche aveva segni come fosse stata segata». Ha ricostruito tutte le indagini. Dalla scomparsa di Ramon, dopo la denuncia formalizzata dalla madre, Sofia Piapan, il 18 aprile 2011. Ramon con la sua famiglia aveva abitato in via Carducci dal primo gennaio al 6 aprile 2011. Ha raccontato dei rapporti incrinati con Garimberti nel momento in cui aveva “sfrattato” la coppia, riprendendosi le chiavi con le quali aveva chiuso l’appartamento. Da qui la denuncia di Costantino per appropriazione indebita degli effetti personali e del consistente materiale che la donna non aveva potuto più ritirare. Il 6 aprile Polentarutti dopo aver litigato con la compagna, in mattinata, s’era trasferito dalla madre. Da lei aveva trascorso solo una notte. Intanto era stata effettuata una perquisizione in via Carducci, sulla scorta della denuncia della Costantino. C’erano i cani di Garimberti, un Doberman e un Pittbull, ma non il loro padrone. Durante le ricerche di Ramon erano stati ascoltati dalla Polizia anche i suoi amici, per lo più orbitanti nella realtà degli stupefacenti. L’avevano visto l’ultima volta la sera dell’8 aprile.—
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