Morti a Casa Bartoli, assolta la 'Basaglia'
Il giudice ha accolto la tesi dei difensori: non fu il cibo a stroncare i due anziani. Colpa dell’acqua contaminata che uscì dalle tubature. Scagionati vertici e due dipendenti della coop. L'intossicazione mandò all'ospedale 60 ospiti della struttura

TRIESTE.
I vertici e due dipendenti della Cooperativa lavoratori uniti ”Franco Basaglia” sono stati assolti con formula piena dall’accusa, fatta dal pm Maddalena Chergia, di omicidio colposo di due anziani ospiti di Casa Bartoli, struttura comunale, morti nell’aprile del 2008 per un’intossicazione alimentare. L’assoluzione - a vario titolo - è arrivata anche per l’accusa di avere causato un’epidemia che aveva colpito altri sessanta degenti della struttura. La ”Basaglia” gestiva la cucina della struttura.
Il giudice Guido Patriarchi, che ha presieduto l’udienza celebrata con rito abbreviato, ha fatto propria la ricostruzione dei difensori che negli scorsi mesi avevano svolto un’indagine parallela a quella della Procura: indagine parallela secondo la quale la responsabilità dell’intossicazione è da riferirsi all’acqua contaminata uscita dalle tubazioni in quei giorni e non al sugo di seppie riscaldato a bagnomaria. Sugo che peraltro non era nemmeno stato mangiato da buona parte di coloro i quali poi si erano sentiti male.
Insomma, nessun nesso di causalità. Nessun collegamento tra il sugo ritenuto, secondo l’accusa, alterato dalla presenza del batterio Clostridium e la morte di Andrea Trapella e Sergio Trussini. E nemmeno emerge alcun collegamento con i sessanta casi di tossinfezione alimentare che erano esplosi in quei giorni. Il killer è stata l’acqua.
Il pm Chergia aveva chiesto per ciascun imputato una condanna a un anno e 2 mesi.
Le indagini erano iniziate all’indomani della morte dei due anziani. Sotto accusa erano finiti l’allora presidente della cooperativa Roberto Colapietro, la sua vice e responsabile del settore produzione Claudia Mandelli, il referente del settore mense, Lorenzo Stok, la capocuoca di Casa Bartoli Annamaria Mandelli e la cuoca Marina Malossi. Tutti erano difesi da un nutrito gruppo di avvocati tra cui Giovanni Borgna, Riccardo Seibold, Claudio Vergine, Guido Fabbretti e Stefano e Massimiliano Blasone.
Il killer di casa Bartoli era stato individuato in tempi stretti dalle analisi di laboratorio disposte dall’Azienda sanitaria nell’organismo degli anziani intossicati. Il batterio letale era noto da tempo, ma erano stati necessari parecchi mesi alla Procura e ai Nas dei carabinieri per ipotizzare il modo in cui si era infiltrato subdolamente nell’organismo di tanti, ma non di tutti gli ospiti della casa di riposo comunale. Gli ospiti, va ricordato, erano più di 200, ma solo una settantina erano stati preda della devastante diarrea.
E ora, dopo l’assoluzione, acquista ulteriori elementi a sostegno la causa civile tra la cooperativa Basaglia e il Comune che subito dopo gli episodi di casa Bartoli aveva risolto il contratto con un accordo contestuale con la coop. Qualche mese fa l’avvocato Orio De Marchi per conto della cooperativa aveva trascinato davanti al giudice il Comune chiedendo che l’amministrazione stessa fosse condannata al pagamento di 563mila euro per le prestazioni rese nell’ambito dell’appalto per i servizi integrati di assistenza diretta nelle strutture residenziali gestite dal Comune.
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