Morti per l’amianto alla Gmt, 4 indagati

Quattro persone sono indagate nell’ambito dell’inchiesta della Procura della Repubblica di Trieste sulla morte per mesotelioma pleurico di almeno otto operai che nel periodo fra il 1971 e il 2000 avevano lavorato nello stabilimento della Grandi Motori Trieste venendo esposti all’amianto. Gli indagati sono Alberto Guglielmotti, residente a Torino, direttore generale della Gmt tra il 1970 e il 1977; Manlio Lippi, che risiede a Monfalcone ed è stato dal 1977 al 1984 presidente e amministratore delegato della società; Enrico Bocchini, residente a Cesena e presidente del cda di Fincantieri dopo l’incorporazione della Gmt nella stessa (operazione datata 1984); e infine l’ex presidente di Confindustria Trieste Corrado Antonini, residente a Roma e che dal 1984 in poi in Fincantieri ha ricoperto vari ruoli di vertice: direttore generale e amministratore delegato, poi dal 1994 quello di presidente (quest’ultima è la sua veste attuale in seno all’azienda). L’ipotesi di reato a carico dei quattro è quella di omicidio colposo plurimo. La Procura di Trieste ha inviato loro gli avvisi di conclusione delle indagini.
Il pm Matteo Tripani, titolare dell’inchiesta, contesta ai quattro di non aver adottato all’epoca - nel periodo cioè fra il 1971 e il 2000 all’interno dello stabilimento di Bagnoli della Rosandra - le misure utili a garantire la tutela della salute dei lavoratori e in particolare quelle relative all’utilizzo delle mascherine con gli appositi filtri, alla sistemazione dell’amianto in ambienti separati e alla dotazione degli ambienti di lavoro di impianti fissi e mobili per l’aspirazione. Il sostituto procuratore contesta loro, inoltre, la mancata sostituzione dell’amianto con materiale alternativo. Operazione questa che per i periti nominati dalla Procura di Trieste sarebbe stato possibile effettuare: il pm Tripani si è avvalso della consulenza del medico del lavoro Pietro Gino Barbieri, di Brescia, e dell’igienista industriale Patrizia Legittimo, di Firenze, la cui opera si è sommata a quella portata avanti dall’Azienda sanitaria di Trieste con il Dipartimento di prevenzione diretto dal dottor Valentino Patussi.
La morte degli otto lavoratori è avvenuta (alcuni decessi anche nel 2011) per mesotelioma pleurico, tumore che ha un tempo di latenza molto lungo. Secondo l’ipotesi del pm Tripani la loro malattia sarebbe derivata dall’esposizione all’amianto e dai mancati accorgimenti di sicurezza che invece i dirigenti del periodo 1971-2000 dello stabilimento - in qualità di legali rappresentanti di Gmt fino al 1984 e di Fincantieri da lì in poi - avrebbero dovuto garantire. Nella provincia di Trieste, quando si registra la morte di un lavoratore che è stato esposto all’amianto, viene disposta automaticamente l’autopsia. L’inchiesta è partita sulla base di una segnalazione dell’Azienda sanitaria. La Procura di Trieste sta indagando anche su altri casi di decessi - pare siano sei - per mesotelioma pleurico di lavoratori della Grandi Motori.
Appresa la notizia della notifica degli avvisi di chiusura delle indagini, la Fincantieri - attraverso il suo ufficio stampa - ha osservato ieri: «Rispettiamo l’operato della magistratura e non ci sottrarremo, fino a quando saremo in grado di farvi fronte, alla corresponsione delle somme che eventualmente saremo chiamati a risarcire. Dobbiamo però precisare che se oggi Fincantieri deve difendersi nelle sedi preposte da accuse che, se accolte, causerebbero irreparabili danni patrimoniali all’azienda, tali da metterne in discussione la sua stessa sopravvivenza, i fatti cui si fa riferimento risalgono a molto tempo fa, talvolta decenni. Da allora sono cambiati non solo tecnologie, materiali, metodi di lavoro e conoscenze scientifiche, ma anche e più volte, il corpo dirigente e tecnico della società. Fincantieri ha sempre operato nel rispetto delle norme di legge, con tecnologie d’avanguardia e secondo gli standard del tempo».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo