Negozi chiusi, a Gorizia si è toccato il fondo

Nel 2013 cancellate 73 attività contro soltanto 30 iscrizioni. Dati della Camera di commercio: situazione peggiore rispetto a Monfalcone. Sono 400 i vani commerciali inattivi su un totale di 1.330
Di Francesco Fain
sterle trieste negozi chiusi madras corso italia
sterle trieste negozi chiusi madras corso italia

Negli anni passati il trend era questo: apriva un nuovo negozio e, contemporaneamente, ne chiudevano due.

Nel 2013 la crisi del commercio si è fatta sentire ancora di più a Gorizia se è vero che le attività iscritte sono state 30 contro le 73 cancellate. I dati, messi a disposizione dalla Camera di commercio, disegnano un quadro pesantissimo. I pochi negozi sopravvissuti resistono con grandi difficoltà e si moltiplicano inesorabilmente le serrande abbassate. A Gorizia, la situazione è largamente peggiore rispetto a Monfalcone dove, nel 2013, hanno chiuso 31 negozi a fronte di 28 aperture.

A sentire maggiormente la crisi continuano a essere le attività più piccole, le quali faticano a restare sul mercato e il restyling del centro storico ha portato, sì, benefici ma in misura ancora insufficiente. Le cause? Il calo dei consumi e degli acquisti, gli affitti che continuano ad essere troppo alti e le spese-fisse (soprattutto le bollette-rifiuti) che fiaccano ogni resistenza, anche quella del commerciante più grintoso. In calo significativo sono i cosiddetti “esercizi non specializzati con prevalenza di prodotti alimentari e bevande” e, fra gli specializzati, i negozi di frutta e verdura, di articoli di abbigliamento, elettrodomestici e apparecchi radio-televisivi. Segni meno anche per i piccoli supermarket e le macellerie che hanno visto continuare l’erosione che si protrae ormai da un decennio. L’abbigliamento ebbe uno sviluppo persino spropositato fino agli anni Ottanta: erano infatti spuntati negozi come funghi costruiti su misura (ci riferiamo soprattutto a Gorizia-città) per la clientela slovena. Oggi che i compratori sloveni si rivolgono altrove, molti esercizi non riescono a riconvertirsi.

Sì, sono troppe le serrande abbassate dei negozi, simbolo di un commercio in crisi, che non riesce più a sollevarsi. Su questi dati, se ne innestano altri, quelli recentemente messi a disposizione da Confcommercio Gorizia, la quale effettuato una fotografia dell’esistente. I primi dati dicono che nel Comune di Gorizia su 1.330 vani commerciali un tempo operanti, 930 continuano ad operare (appartenengpno al “terziario di mercato”: commercio, pubblici esercizi, artigianato, servizi, etc) mentre 400 punti-vendita sono oramai inattivi. Il 30% di spazi commerciali dismessi rappresenta una vera e propria questione urbana che merita di essere affrontata come tale: non è un problema soltanto economico. I punti-vendita inattivi presentano caratteri dimensionali che obbligano a considerare con molta serietà il tema della desertificazione commerciale che va di pari passo con la desertificazione urbana (vuoto residenziale). Lo studio è molto approfondito e scende nel dettaglio.

Sulla tratta via Rastello-piazza Vittoria-via Carducci, che sviluppa un percorso di 750 metri lineari, le attività ancora in esercizio sono restate solo il 61% delle 122 che operavano un tempo: 71 le attività operanti, 47 quelle oramai inattive. Un dato che si acutizza nell’analisi della sola via Rastello con 24 attività in esercizio (51%) e 23 inattive. Il centro cittadino (storico e asse dei Corsi) registra la maggior quantità di attività dismesse (218 a fronte delle 507 ancora attive) ma anche l’analisi dei sistemi commerciali esterni al centro cittadino evidenzia una situazione non meno problematica. Oltre al centro storico, sono stati infatti individuati e mappati ben 17 sistemi commerciali urbani, cioè aggregazioni numericamente significative di negozi (esempi: San Rocco, Duca d'Aosta, via Trieste).

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo