NON DIMENTICARE MONACO '38
Il 29 e il 30 settembre di settant'anni fa si dette il più robusto colpo alla distruzione degli stati europei come maggiori potenze mondiali. Alla conferenza che si tenne in quei giorni a Monaco di Baviera Hitler ottenne dal primo ministro francese Daladier e quello inglese Chamberlain il benestare all'occupazione dei Sudeti
Il 29 e il 30 settembre di settant'anni fa si dette il più robusto colpo alla distruzione degli stati europei come maggiori potenze mondiali. Alla conferenza che si tenne in quei giorni a Monaco di Baviera Hitler ottenne dal primo ministro francese Daladier e quello inglese Chamberlain il benestare all'occupazione dei Sudeti; in quanto alleato di Hitler Mussolini non potè che dire di sì. Di fronte all'espansionismo della Germania nazista cosa fecero Francia e Inghilterra?
Le uniche potenze che avrebbero potuto fermarla, presero una strada ben diversa: l'appeasement, come venne definito, cioè il tentativo di ammansire il lupo dicendogli: mangia pure il boccone sul quale hai messo gli occhi. Sul momento ci fu un coro di lodi al senso di responsabilità che tutti avrebbero dimostrato nella circostanza. Abbiamo fermato la guerra, fu il commento pressoché generale.
In realtà, come si sa, le cose andarono ben diversamente. Pochi mesi dopo Hitler si impadronì direttamente o indirettamente dell'intera Cecoslovacchia, nel settembre 1939 fu la volta della Polonia; dai quasi sei anni di guerra tutte le potenze europee, vincitrici o sconfitte, uscirono esauste (tranne per certi aspetti l'Unione Sovietica).
La domanda che oggi, a settant'anni di distanza, da quell'evento possiamo porci è sempre quella che sorge quando si è di fronte al ricordo di vicende drammatiche che hanno segnato svolte cruciali nel percorso della storia: c'è una lezione da imparare? C'è qualcuno che la lezione l'ha appresa?
In genere la risposta a un interrogativo del genere è no. Ma in questo caso invece è sì. Qualcuno ha imparato, in America hanno imparato e lo hanno fatto assai velocemente. Fin dal 1946-1947 a Washington quella che venne definita l'analogia di Monaco divenne un'esperienza assolutamente da non ripetere; e ad essa si accompagnò la teoria del domino: se oggi cedi qua, domani dovrai cedere là e così avanti.
La lezione fu dunque recepita in questi termini: di fronte a circostanze simili a quelle del 1938, ovvero di fronte a tentativi di espansione o di destabilizzazione, la risposta non avrebbe dovuto in alcun modo essere l'appeasement. Su ciò negli Stati Uniti il consenso fu generale e permise di dare una risposta immediata all'Unione Sovietica, a Stalin in particolare che, per quanto leader pragmatico (come oggi lo si rappresenta), avrebbe ambito vedere gli stati europei, la Germania in particolare, in una posizione di dipendenza dall'Unione Sovietica.
Non appeasement dunque ma contenimento: fu questa la risposta del presidente Truman. Certo, si dette così il via alla guerra fredda, ma ripetere l'esperienza fatta a Monaco nel 1938, venire a patti allo scopo di pacificare l'orso russo, avrebbe avuto un risultato ben peggiore: avrebbe messo alla mercè di Stalin quanto meno l'intera Europa.
Da allora a Washington il termine appeasement è equivalso a una sorta di maledizione. Da allora rivolgere a un uomo poltico, per quanto importante egli potesse essere, un'accusa del genere significava metterlo fuori gioco, tant'è che da allora tutti i presidenti americani manifestarono una estrema sensibilità al riguardo.
Di fronte a una sfida non si deve ficcare la testa sotto la sabbia ma si deve rispondere: la lezione di Monaco è qualcosa che ci porta fino ai giorni nostri. Oggi la sfida non è più l'Unione Sovietica o la Russia (anche se di recente i suoi comportamenti non sono più che biasimabili). Quanto meno dall'11 settembre si chiama terrorismo, radicalismo islamico, si chiama anche Iran.
Certo, si può discutere sul modo in cui si è risposto, in quale misura cioè la risposta sia stata commisurata alla minaccia. Ma far finta che la minaccia non esiste o che è qualcosa di molto gonfiato, come amiamo spesso ripeterci, vuol dire e solo una cosa: che da Monaco 1938 non abbiamo imparato ancora niente.
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