Oltre 500 cellulari spariti dal negozio Tim. Sei indagati: tre di loro erano dipendenti

TRIESTE Oltre 500 cellulari spariti nel nulla. Un danno da 300 mila euro. E un negozio che ha dovuto abbassare le serrande. La Procura ha chiuso l’inchiesta sui clamorosi furti nell’ex punto vendita della Tim di piazza della Borsa iscrivendo nel registro degli indagati sei persone. Il caso era trapelato nel 2018, ma ora vengono a galla i dettagli e le proporzioni di quanto accaduto.
E soprattutto emerge che nella vicenda, tra quei sei, sono implicati tre addetti: il cinquantatreenne Enrico Baricchio, la responsabile del negozio Mariacristina Merenda, 40 anni, e la trentenne Alena Alekic (l’inserviente). Sarebbero stati proprio loro, secondo gli inquirenti, a portare via i telefonini dagli scaffali del magazzino. O, ancora, a intascare gli incassi dei cellulari acquistati a rate dai clienti. Altre tre persone sono indagate per ricettazione.
Tutto ciò sarebbe avvenuto settimana dopo settimana, pezzo dopo pezzo. Dentro il negozio c’era chi sapeva cosa prendere, come farlo e quando. Questa, almeno, l’accusa mossa dal pm Pietro Montrone, che ha diretto il lavoro investigativo dei Carabinieri. Un lavoro lungo e complesso, quello dei militari dell’Arma, chiamati a ricostruire la strada che prendeva ogni singolo telefonino (e accessorio) sottratto: da piazza della Borsa, da cui gli smartphone misteriosamente sparivano, alle successive cessioni. Sia sotto forma di rivendita che di regalo agli (ignari) amici, parenti e conoscenti.
L’inchiesta
I furti sono stati messi a segno tra giugno e novembre del 2017. Tirando le somme sono ben 549 telefonini. Stando a quanto si è saputo, i sospetti sono sorti quando un addetto del negozio – non coinvolto nell’inchiesta – si sarebbe accorto della mancanza di un cellulare: il prodotto risultava a magazzino, segnato in un file del computer, ma fisicamente non c’era. L’operatore se ne sarebbe reso conto dinnanzi a un cliente che era venuto ad acquistare uno smartphone.
il sistema
Gli inquirenti hanno accertato che nel negozio della Tim i telefonini sparivano in due modi. Il primo: dinnanzi alla richiesta del cliente di rateizzare l’acquisto di un cellulare di valore, ad esempio un iPhone da 700 euro, il pagamento avveniva a rate di 100 o 150. Somme che alcuni degli indagati si sarebbero poi tenuti per sé, senza rilasciare scontrini. Il prodotto, poi, non veniva depennato dai registri, in modo che l’acquisto non risultasse. Più semplice l’altro sistema: i cellulari “scomparivano” dagli scaffali con tanto di confezione. Per non dare nell’occhio, le scatole venivano portate via con i sacchi dell’immondizia. Così si spiega la complicità dell’addetta delle pulizie Alena Alekic. Alcuni telefonini sarebbero stati rivenduti all’estero.
gli indagati
Sei, dunque, le persone inquisite. Il primo nella lista è l’ormai ex dipendente Enrico Baricchio (difeso dall’avvocato Marzio Calacione) che deve rispondere del presunto furto almeno 25 telefonini di vari marchi (iPhone, Wiko, Samsung, Lg, Huawei). Questi cellulari sarebbero stati poi rivenduti o regalati ad altri. Da quanto risulta, i Carabinieri hanno rintracciato i cellulari grazie alle Sim. I militari hanno rinvenuto merce del negozio anche nell’armadietto del dipendente. Indagata pure Mariacristina Merenda, gestore del negozio (difesa dall’avvocato Giovanni Borgna). La sua situazione va chiarita: la responsabile ha denunciato i furti. Andrà quindi accertato se lo ha fatto per “coprirsi” – la Procura la accusa di aver sottratto quattro cellulari (e ulteriori quattro prodotti in complicità con Baricchio) – o perché effettivamente si era resa conto che qualcosa, in negozio, non andava. Altri 17 telefoni spariti sono invece attribuiti all’addetta alle pulizie, Alena Alekic (difesa dall’avvocato Roberto Mantello). Di questi, otto sono stati trovati a casa sua. Nell’inchiesta sono finiti pure i ventisettenni German Trivunovic e Gordana Trvunovic (difesi dall’avvocato Silvano Poli), conoscenti di Alekic, accusati di ricettazione. «Hanno preso il telefoni in buona fede – sostiene l’avvocato Poli – visto il rapporto di amicizia con Alena». Stessa incriminazione per il trentenne Adrian Curinii (difeso dall’avvocato Andrea Cavazzini), che avrebbe ricevuto due iPhone e un Samsung provenienti dai furti. —
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