Orazi: «Il Verdi sopravvive grazie al bilancio in pari»

«Calendario delle ferie estive. Orchestra: dal 23 luglio al 2 settembre. Coro: dal 18 luglio al 28 agosto». Il cartello sta appeso all’ingresso del Teatro Verdi di Trieste. Non c’è grande attività lirica d’estate. A luglio quasi niente. Quattro concerti per il Cartellone di TriestEstate. Quello del 18 luglio, “Le ultime sette parole di Cristo sulla croce” di Haydn, non è riuscito neppure a riempire il Ridotto del Verdi. Claudio Orazi, l’ex commissario promosso sovrintendente, non sembra preoccupato. La classifica annuale della rivista Classic Voice ha messo il teatro triestino tra i “meno bravi” sia come pubblico lasciato sul campo (oltre 30mila spettatori in 5 anni) sia come recite tagliate (14 alzate di sipario). «La rivista svolge un compito encomiabile, ma mette assieme teatri molto diversi» spiega il sovrintendente mentre mette sul tavolo un ritaglio della Gazzetta del Mezzogiorno del 29 luglio che parla del Petruzzelli di Bari che taglia 3 milioni e due opere della stagione per tappare le falle del bilancio ereditato dal commissario Fuortes (promosso all’Opera di Roma). Nell’inchiesta di Classic Voice il Petruzzelli è il teatro con le performance migliori (+273,4,6% 2008/2013 di spettatore e +17 recite).
Sorride...
Le classiche lasciano il tempo che trovano.
L’anno scorso è toccato al Verdi tagliare in corsa diversi titoli d’opera...
È stata una scelta obbligata. Non avevamo alternative. Preso atto del taglio dei finanziamenti ci siamo guardati in faccia in cda e abbiamo scelto di eliminare le produzioni e mettere al sicuro il bilancio.
Pareggio garantito.
Il pareggio di bilancio consente di erogare gli stipendi con regolarità. Inoltre i teatri che hanno conseguito negli ultimi tre anni il pareggio di bilancio accedono a una quota del 5% di un fondo di circa 10 milioni di euro. Noi siamo sicuramente tra questi.
Nel 2013 siete risultati il teatro con il minor numero di pubblico pagante (56.772) delle 13 fondazioni liriche...
La colpa è dei tagli del cartellone. Abbiamo fatto molto meno attività. Nel 2014 siamo tornati allo standard di 7 titoli d’opera e 2 balletti. Abbiamo comunque registrato una media di mille persone a recita. E nel 2014 siamo in linea con le previsioni. L’andamento al botteghino è ottimo.
Quali sono stati gli incassi del botteghino del 2013? A Classic Voice non l’avete comunicato.
Abbiamo incassato un milione e 475 mila euro.
Sarà così anche in futuro o ci si può aspettare qualche alzata di sipario in più?
Siamo vincolati dal decreto “Valore Cultura” di Bray. Nei prossimo triennio faremo 8 titoli d’opera e un solo balletto all’anno visto che il ministero dà un punteggio maggiore all’opera piuttosto che al balletto. Gli spettacoli si possono fare solo in economia. Le otto fondazioni in crisi devono per legge utilizzare i vecchi allestimenti, scambiarseli alla pari e coprodurre.
Di necessità virtù.
È diventato d’obbligo muoversi con prudenza. Quando sono arrivato a fine 2011 la situazione del Verdi era da liquidazione. Siamo un teatro che fa quanto più possibile gli è concesso di fare.
A che punto è il risanamento?
Abbiamo iniziato un percorso molto serio con i lavoratori a partire dal taglio del premio di produzione.
I lavoratori del teatro in una lettera le chiedono però di poter lavorare di più.
Raccolgo il loro invito a fare più attività. Se sarà possibile la faremo. Senza però mandare a gambe all’aria il teatro.
Ma perché, come fanno altri teatri, non cercate di reagire alla crisi e alla perdita di spettatori aumentando la produttività?
La legge ci obbliga a un tetto per la produzione. Nel 2000 c’erano 7 milioni a disposizione per l’attività artistica. Ora possiamo contare solo su 3 milioni e 200mila euro. Tenuto conto che un milione e 200 vanno via per le spese fisse, non restano che due milioni. Il settore della lirica è “sopravvissuto” a se stesso tra tagli del Fus, difficoltà gestionali e calo di spettatori. Alcuni teatri stanno meglio perché possono contare sui bacini turistici.
Tipo la Fenice di Venezia...
Esatto. Sono stato di recente a vedere una Butterfly, tra l’altro bellissima, ed ero circondato da stranieri.
Il piano di risanamento del Verdi dov’è incagliato?
È stato approvato dal commissario straordinario Pier Francesco Pinelli e trasmetto al Mibact e al Tesoro. Abbiamo chiesto 11 milioni che dovremmo restituire in 30 anni al tasso dello 0,5%.
Arriveranno tutti?
Spero di sì. Il ministro Franceschini ha aumentato il fondo di rotazione di altri 50 milioni. Abbiamo già avuto in prestito un milione e 932mila. Siamo tranquilli, abbiamo fatto le cose con serietà e rigore.
Valuta positivamente il decreto di Bray?
La legge è stata un’occasione per riorganizzare i teatri. Ha messo in salvo le fondazioni. È stata fatta la tac che serviva. C’è poi sempre che sostiene che le fondazioni sono troppe e vorrebbe creare una serie A e una serie B della lirica.
In realtà la legge ha diviso in due il mondo delle fondazioni: quelle in crisi e quelle no...
La legge le ha divise in ragione delle difficoltà economiche. Non penso che Firenze o Roma possono stare in serie B. In realtà la legge da sola non basta: serve un disegno di riforma complessivo.
C’è speranza di vedere il Das Liebesverbot di Wagner, proveniente da Lipsia, già annunciato più volte?
Il contratto c’è. E stato solo rinviato. In Italia, tra l’altro, questo Wagner giovanile manca dal 1991 quando andò in scena al Massimo di Palermo.
Aprirà la stagione 2015?
Non confermo, nè smentisco.
Che fine ha fatto “Infinity” di Battiato?
Non ci sarà. Non è stato tagliato per motivi economici. L’ho fatto quando ho scoperto che, nello stesso periodo, era stata aperta al Rossetti la prevendita di un concerto di Battiato (8 ottobre 2013, ndr). Non mi è sembrato corretto.
Al Verdi manca anche un direttore musicale?
La scelta è tra un direttore in carriera o una giovane promessa. Purtroppo abbiamo un budget ridotto. Già paghiamo al minimo i cantanti. La scelta del direttore musicale spetterà al nuovo consiglio di indirizzo. Il cda scade a dicembre. Per ora accontentiamoci di due assi come Gianluigi Gelmetti e Donato Renzetti.
E la Sala Tripcovich? L’avete chiesta per tenerla chiusa? Quest’anno non è stata mai usata...
L’abbiamo usata per le prove del Nabucco. Inoltre abbiamo fatto dei lavori all’interno: pioveva dentro ai camerini. Manca una programmazione, ma ci stiamo pensando.
A inizio anno, al Messaggero Veneto, il sovrintendente aveva dichiarato: «Per fortuna che c’è il Friuli! Che ci sono teatri nuovi ed efficienti come quelli di Udine e Pordenone, con i quali, grazie alla loro ottima fattura, si possono fare opere di tutti i generi, dall’Aida all’età barocca». Produrre in trasferta. Potrebbe essere la soluzione, Meno male che il Friuli c’è...
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo