Paniccia: Parco del mare e Palazzo Carciotti non sono alternativi

«La Fondazione CRTrieste ragiona sui progetti di una città che deve pensare in grande»
Se vuole tornare grande, Trieste deve pensare in grande, buttare l’occhio sui prossimi vent’anni, e non ostacolare la veduta con il termine dei mandati amministrativi. Parco del mare alla ex Pescheria? Perché no, purché non si mettano i pesci nell’ex Magazzino vini. Palazzo Carciotti per congressi? Perché no. Chi si ferma davanti a qualche milione di euro? È così che vede le cose Massimo Paniccia, presidente della Fondazione CrTrieste, presidente del Mediocredito, presidente di AcegasAps, presidente delle piccole imprese di Udine.


Alla cassaforte della Fondazione bussano tutti, 1000 domande all’anno. E lui notoriamente preferisce parlare nei consigli di amministrazione piuttosto che in pubblico, ma ora quel bussare raddoppia e triplica: dopo il costoso restauro della ex Pescheria, l’acquisto e la riedificazione del nobile rudere Magazzino vini, si ipotizza proprio in quell’area il Parco del mare, e si desidera un impegnativo centro congressi con pinacoteca a Palazzo Carciotti.


Presidente Paniccia, la Fondazione finanzierà tutto, qualcosa, o niente? Forse le dispiacerà dover ri-spendere ora sulla Pescheria?
La Fondazione, quando la città chiede, non dice mai di no a priori. È al servizio della comunità, che ha le sue idee, non sempre coincidenti. Quando il sindaco ci chiese la ristrutturazione della Pescheria per farne un polo culturale fu risposto subito di sì. L’avevo però detto già allora: sopra c’era scritto «Acquario». Sarebbe stato un contenitore ideale. Proponemmo un nostro progetto che consentiva una maggiore versatilità di uso della struttura. Ma le grandi opere hanno iter prefissati, non si può cambiare in corsa, e così tutto è andato avanti come previsto. Ora, francamente, non è utilizzata a pieno, e coi costi che ha...


Vi si chiede un restauro-bis e di cedere al Parco del mare il Magazzino vini.
L’abbiamo comprato per dare vita come palacongressi a un contenitore vuoto da 50 anni, è stato anche un ottimo investimento immobiliare, ha una posizione stupenda. Fatto il progetto, ci è stato chiesto di soprassedere, non c’erano più le condizioni politiche. E va bene, non vogliamo fare niente contro la città. L’idea era di farci un centro multimediale per i giovani. Proprio nei giorni scorsi è arrivato il permesso di costruire, la licenza edilizia. Quando ci è stato chiesto per il Parco del mare, la risposta è stata: sì, ma rispettando prerogative cui non vogliamo rinunciare.


Quali prerogative?
Nessuna riconversione. Resteranno il parcheggio sotterraneo e tre piani, il primo per conferenze e mostre, gli altri per centro direzionale e area commerciale.


Nessuna vasca dei pesci nel Magazzino vini, dunque?
L’acqua col vino non va d’accordo, è noto. Detta la battuta, ci facciamo comunque parte attiva per un Parco del mare a Trieste. Senza stravolgere nemmeno quel contenitore splendido che è la Pescheria. Nel mondo si fanno cose stupende, e io dunque penso che con l’accordo fra tutti si possano immaginare cose stupende anche qui.


Qualcuno obietta: si calcola che sarà un successo ipotizzando 300mila visite o più, ma è una scommessa sulla carta.
Questo è il punto. L’ho detto al sindaco Dipiazza: se il Parco del mare non stravolge il nostro progetto per il Magazzino, siamo favorevoli, ma bisogna vedere se poi il tutto è compatibile con la parte finanziaria. C’è un impegno con l’assessore comunale al Bilancio, Ravidà: si faccia un business plan per vedere se il progetto ha le gambe o no, e si verifichi con tutti gli enti coinvolti il percorso da intraprendere.


E se non fosse compatibile?
Sono le città, i loro politici, che devono fare scelte e avere l’ultima parola. Lo si vuole davvero? Si troverà come fare. E io sono ottimista, può valere la candela. Bisogna aumentare l’attrattività di una Trieste che tutti descrivono bellissima, un luogo dove tornare. Se invece si scoprisse che la parte finanziaria non regge, vorrebbe dire che l’idea stessa non aveva senso. Noi abbiamo ristrutturato la Pescheria pensando a un patrimonio per la vita, anche senza ritorno economico, perché a spendere per risistemare non si sbaglia mai, è cultura dei popoli, chi lascia in abbandono la casa e la città non ha storia e non avrà nemmeno futuro. Ma se nella Pescheria poi ci metto i pesci, devo valutare: rende alla città, l’indotto coprirà i costi? Se la risposta è no, devo ripensarci.


Vi si chiede di pagare anche per ristrutturare palazzo Carciotti.
Pagare? Quando crediamo nelle cose, paghiamo. Le delibere le scriviamo solo sulla base della compatibilità dei progetti. A me non piace sentir dire «o questo o quello», se la città lo sente come importante deve dire «e questo, e quello», deve portare avanti ogni idea.


Il costo dunque non conta?
Si tratta di 100 milioni di euro, non di 1000 miliardi. E se Trieste con la Fondazione, la Regione, la Provincia, il Comune, e tutti i vari enti, decidesse che il suo futuro passa per questi due elementi, e se chi ha a cuore la città si impegnasse a decidere, in un’ottica di 20 anni ci può stare sia il Parco del mare e sia palazzo Carciotti. Vedo le due cose sinergiche, non alternative.


Trieste saprebbe gestire entrambe?
Io vorrei vedere una città che si impegna a fare e costruire il futuro, sapendo di avere una sua strategia.


E la vede?
La città è molto migliorata, da Miramare a Campo Marzio è uno spettacolo, e c’è la viabilità, non più la coda al bivio a H. Non piangiamoci addosso. Casomai bisogna procedere ancora più velocemente: città emporiale, e di turismo? Se devo portare a Trieste centinaia di migliaia di visitatori non mi fermo di fronte a una spesa di 40 milioni. Da imprenditore vorrei anche più industria, però, più aziende legate alla realizzazione di ciò che elaborano le strutture scientifiche. Sono arrivato qui nel 1956 e la città aveva 300mila abitanti, perché non tornare a quei livelli? L’industria è trainante. Per la Stock abbiamo solo potuto mitigare il dolore comprando i quadri. E, anzi, apriremo presto la galleria alle visite dei cittadini.


Ma c’è anche il progetto del Silos, per i congressi. Non è già troppo?
L’attrattività di un luogo dipende dall’avere molte possibilità, non una sola. I cinema multisala hanno più pubblico della sala singola. Vanno benissimo il Silos, il Carciotti, la Stazione marittima. Il molto è di per sè un richiamo. Però: parliamo già di doppioni, e tutte queste cose ancora non ci sono.


Torniamo al punto: chi pagherà?
Ragioneremo: sui progetti, sui conti, su chi partecipa. Non ho mai visto nessuno fare passi indietro perché non ci sono i soldi. Non per questo noi abbiamo risorse illimitate. Non si può pensare «la Fondazione fa tutto».


Multi-presidente: le piace il potere?
No, mi sono dato un punto di riferimento: nel momento in cui un bilancio non fosse soddisfacente, mi ritirerei. Sfortunatamente (lo dico scherzando) i bilanci vanno ancora tutti bene.


Qual è il punto più strategico?
Anticipare i problemi.


Aveva previsto la crisi finanziaria?
Già a giugno avevo deciso di smontare tutte le gestioni finanziarie della Fondazione. Anche se non sono mai contento di me stesso, dico che siamo stati bravi.


È ancora amico di Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredit?
Sì, ancora. Siamo stati partecipi nel creare un grande gruppo. Ora è in difficoltà sul mercato finanziario, ma fa utili incredibili, è una grande banca penalizzata dal mercato azionario. Basta stare calmi e tenere i piedi per terra. Come Fondazione abbiamo scelto di appoggiare l’aumento di capitale, per dare sicurezza ai clienti ma anche perché si poteva approfittare del mercato azionario basso. Interesse generale, però, non speculazione del momento.


AcegasAps. Utili alle stelle, 15 milioni per l’acquisto di palazzo Modello in piazza Unità. Un cittadino potrebbe dire: perché non abbassate le bollette?
Primo, quando il Comune ha quotato Acegas, ha incassato un importo notevolissimo. La collettività gode della contropartita, viceversa si sarebbe tenuta i debiti. Secondo, se uno trova le tariffe alte può fare contratti con un concorrente, non c’è il monopolio. Terzo, gli utili sono di mercato, non possiamo mica fare dumping abbassando le tariffe e non dare remunerazione al mercato tagliando i dividendi. Quanto a Palazzo Modello, il precedente affitto costava di più, la proprietà è sempre un investimento, e chiunque venga a trovarmi ora pensa che data la splendida sede anche Acegas è una splendida azienda, e splendida e importante è la città.


Domanda al volo: farebbe il sindaco?
No. Non ho la vocazione del politico. Mi ritengo un imprenditore che sta volentieri al vertice, ma resto un imprenditore che si diverte a fare il manager. Non ho mai partecipato a un’elezione, se posso scherzare dirò che non mi sono mai fatto eleggere neanche da una bocciofila! No, no, lasciamo proprio stare questo argomento.


Del basket non è presidente ma AcegasAps lo sponsorizza. Non grandi risultati, perché continuate?
Perché è nel Dna dei triestini, lo seguono in 4000 anche se vanno a vedere una squadra che lotta per non retrocedere in C1. Questo ci fa capire che Trieste vuole il basket. E noi speriamo.


A se stesso che cosa augura?
Che nasca la mia bambina, a giugno. Ho un figlio di un anno e ora questa attesa. A parte ciò, che dopo questa ubriacatura di finanza e derivati si torni coi piedi per terra, quello che conta è il lavoro, i guadagni facili non esistono, se si torna a investire questo paese avrà non -2 di Pil, ma +2, +3, +4, un vero motore per le fasce deboli.


Per queste nessun progetto?
Come no. Abbiamo allo studio una social card triestina, che allarghi gli importi di quella appena varata.

Riproduzione riservata © Il Piccolo