«Per il deposito dei tram necessario un accordo con la Soprintendenza»

«I cittadini si indignano per lo stato in cui versa l’ex deposito dei tram di via Di Manzano? Hanno ragione. Pure io mi indigno perché, effettivamente, è un pessimo biglietto da visita vedere l’area in quelle condizioni alle porte della città. Ma dobbiamo trovare una mediazione con la Soprintendenza ai beni artistici e architettonici».
Ettore Romoli, sindaco e assessore comunale ai Lavori pubblici, ha letto tutto d’un fiato il nostro servizio di ieri dedicato al declino della vecchia stazione dei tram. E, ieri mattina, ha fatto il punto della situazione con gli uffici tecnici per individuare una possibile via d’uscita.
«Come stanno le cose? Abbiamo avviato contatti con dei professionisti affinché si occupino della redazione di un progetto che ottenga il benestare della Soprintendenza. Vogliamo mettere in sicurezza l’edificio e realizzare, nel piazzale, un parcheggio. Insomma, l’idea è di non snaturare il sito, mantenendo le sue caratteristiche storiche», spiega Romoli.
C’è soltanto un problema. In questo momento non ci sono soldi per dare un mandato ufficiale ai progettisti. E così si aspetterà il 30 novembre prossimo, «quando andremo ad approvare le variazioni di bilancio e garantiremo una posta anche alla valorizzazione del sito del vecchio deposito dei tram. A quel punto, potremo dare mandato ai professionisti di redarre il progetto che, lo ripeto, dovrà trovare il favore della Soprintendenza».
Insomma, la volontà è di proseguire sulla via del dialogo perché lo scontro con l’ente di tutela rischia di non portare da nessuna parte.
Il tram, nella notte dei tempi, fu una presenza importante in città. Sfogliando pagine di storia locale si scopre che la linea 1, lunga 3,7 chilometri, partendo da piazza della Transalpina, attraversava la città in direzione sudovest-nordest, lungo l'asse costituito dalle attuali corso Italia e corso Giuseppe Verdi e portandosi lungo le vie Carducci e Montesanto, con capolinea sui piazzali delle due stazioni ferroviarie cittadine la seconda delle quali (Gorizia-Montesanto), in conseguenza degli eventi successivi alla seconda guerra mondiale, venne a trovarsi in territorio sloveno.
La diramazione disattivata nel 1910 misurava 850 metri e seguiva l'itinerario che dal Teatro Verdi proseguiva su via Garibaldi, piazza Municipio, via Mazzini, via Marconi, via del Rastello per ricongiungersi col tracciato principale sulla piazza Vittoria. Il capolinea del teatro Verdi fu in seguito oggetto di proposte sulla stampa cittadina per l'istituzione di corse speciale al termine degli spettacoli.
La linea 2 si diramava dalla linea 1 "interstazionale" all'altezza del caffè posto all'angolo fra corso Italia e via Garibaldi, per poi seguire la direttrice di via Vittorio Veneto fino al capolinea, che sorgeva presso l'attuale autostazione nelle adiacenze dell'hotel Lipa a San Pietro.
All'atto dell'inaugurazione degli impianti la rete contava 4 punti d'incrocio, posti in via Goldoni (progressiva chilometrica 0,555 dal capolinea), presso il giardino pubblico (1,730 chilometri), via Carducci (2,375 chilometri) e via Salcano (3,170 chilometri); il servizio richiedeva 4 elettromotrici sull'itinerario principale e una sulla diramazione; la frequenza delle corse era pari a 10 minuti, con durata media della corsa fra le due stazioni di 20 minuti.
La rete, a scartamento metrico, era armata con rotaie Phoenix. Il deposito officina delle tranvie si trovava in piazzale Umberto Saba (all’incrocio con via Di Manzano) e, benché in condizioni degradate, risulta ancora esistente ma ora si apre la partita per il suo recupero.
(fra.fa)
Riproduzione riservata © Il Piccolo








