«Perquisito e indagato, ma non sono io il corvo»
L’ex amico dello scrittore Heinichen spiega come è finito sotto inchiesta

La copertina dell'ultimo libro
«Sì, sono sotto inchiesta per la vicenda del ’corvo’ che da più di un anno invia centinaia di lettere anonime e getta fango sullo scrittore Veit Heinichen. Ero suo amico, compagno di bevute e feste, ma se oggi dovessi incontrarlo per strada non so se potrei ancora salutarlo. Mi ha messo nei guai, indicandomi come uno, se non il principale dei suoi potenziali persecutori: so che ci sono anche altri indagati, ma per tutto quello che mi ha fatto subire con la polizia non potrò mai perdonarlo. Sono innocente, anzi al contrario di molti triestini, per mesi e mesi sono stato completamente all’oscuro di questa storia che molti altri invece conoscevano...» Carlo Ziska, commerciante in stretti rapporti con la Germania, poco più di 45 anni di età, incensurato ha raccontato la sua «verità».
Lo ha fatto dicendo che il suo nome è iscritto nel registro degli indagati della Procura della Repubblica per il caso Heinichen. Ipotesi di reato, diffamazione, punita in astratto, in base all’articolo 595 del Codice al massimo con due due anni di carcere. Coperta quindi da «condizionale e non menzione».
«Non ho nulla da nascondere, nè da vergognarmi. Certo è che voglio chiarire con i miei amici, i miei vicini di casa e con chi mi conosce che non sono un delinquente. Purtroppo l’ abitazione in cui vivo con mia madre, è stata perquisita a lungo. Altrettanto è accaduto alla mia Porsche con targa germanica, messa sottosopra, in pieno giorno e sulla pubblica via, da quattro agenti della Squadra mobile... Ecco perché voglio rendere pubblico il vortice in cui sono stato trascinato da innocente, grazie a quanto ha raccontato agli investigatori il mio ex amico. Ora devo prendere atto che i telefoni cellulari che uso per lavoro sono stati intercettati, chissà per quanto. Sono stato sicuramente pedinato e qualche ’cimice’ nascosta in casa o nell’auto, ha trasmesso le mie ma anche le parole di altri, verso centrali di ascolto mimetizzate chissà dove. E’ una pessima situazione. In pratica, indirettamente sono anch’io, come gli altri indagati, vittima del corvo che getta fango su Veit Heinichen. Per quattro anni, dal 2000 al 2004, siamo stati più che amici. Poi i nostri rapporti si sono raffreddati: ho scelto altri amici, altre strade. Con Veit non ci sono mezze misure: caffè, aperitivo, pranzo, cena, gite, viaggi, locali, tuttto deve essere condiviso dal gruppo di suoi amici. Io ho preso il largo anche per i rapporti tra le nostre amiche di allora: certe chiacchiere hanno messo in crisi il mio rapporto di coppia. Veit e credo la sua la sua amica mi parlavano dietro le spalle...».
Il primo impatto diretto con l’inchiesta avviata dal pm Lucia Baldovin, Carlo Ziska l’ha subito lo scorso 22 gennaio, in via Revoltella. Era un giovedì e il commerciante era sceso in strada poco dopo mezzogiorno dall’abitazione in cui vive con la madre per comprare i giornali. Mentre ritornava sui propri passi - secondo il suo racconto - due poliziotti in abiti borghesi l’hanno bloccato, fatto salire sulla loro «Alfa Romeo 159» e portato immediatamente in Questura. «Sono l’ispettore Roberto Dalla Mea: lei è Carlo Ziska? Allora deve venire con noi».
«Poi l’investigatore ha esibito il tesserino - racconta l’ex amico di Veit Heinichen. «Appena salito in macchina ho chiesto alcune spiegazioni. Volevo capire perché dovevo seguirli, di cosa ero accusato, perché ero stato atteso e abbordato in quel modo: al momento non mi hanno detto nulla. Io mi ero offerto di seguirli con la mia macchina ma non mi è stato concesso. Solo in un ufficio della squadra mobile, un quarto d’ora più tardi, ho saputo di essere indagato per aver diffamato Veit Heinichen. Mi hanno perquisito, vuotato le tasche, fotocopiando anche gli scontrini dei bar. Hanno aperto il mio portafoglio, hanno tolto dai due telefonini che uso per il mio lavoro le Sim card, avrebbero voluto che mi levassi le scarpe per esaminare eventuali presenza tra la tomaia e la suola. Poi hanno soprasseduto. Ma non basta. Al termine dell’interrogatorio in cui ho risposto a tutte le domande, rinunciando anche alla presenza del mio legale, l’avvocato Giuseppe La Licata, mi hanno portato nel laboratorio delle identificazioni. Sono stato fotografato di fronte, di profilo, a 45 gradi. Ho dovuto sporcare di inchiostro tutte le mie dita, perché potessero essere rilevate le impronte. Infine mi hanno chiesto se volevo sottopormi a un prelievo di saliva per identificare il mio Dna. Avrei potuto rispondere di no, ma dal momento che non ho nulla da nascondere, mi sono prestato a questa ultima umiliazione. Non credo che ad altri indagati per diffamazione, al di fuori del caso Heinichen, siano state riservate questo trattamento, di solito applicate a ladri, rapinatori, stupratori e assassini. Erano ormai le 16 e pensavo che la mia esperienza con la polizia e l’ispettore Dalla Mea fosse finalmente conclusa e potessi ritornare a casa. Invece sono arrivate altre sorprese».
Le altre «sorprese», come le indica Carlo Ziska, sono rappresentate dalla perquisizione sulla pubblica via della sua «Porsche» con targa tedesca, e di un analogo accertamento che ha coinvolto l’abitazione in cui vive con la madre. «Decine e decine di persone hanno visto quattro poliziotti che mettevano sottosopra il vano motore, il bagagliaio, l’abitacolo, le tasche nelle portiere,: insomma tutta la mia auto. Poi sono entrati in casa alla ricerca di un computer che io non possiedo. Hanno aperto armadi, cassetti, scrivanie, credenze: hanno sequestrato penne a sfera e refil, matite e qualche foglio di carta. Sono scesi anche in cantina e hanno trovato una scatola piene di buste che uso per il mio lavoro di commerciante. Le hanno sequestrate e prelevate. Confesso che in quel momento ho capito la violenza sottile che è stata inferta per anni e anni all’ingegner Elvo Zornitta, sospettato di essere Unabomber ed ora finalmente scagionato. Ha perso il lavoro, la tranquillità e il suo volto, la sua casa, tutti i dettagli della sua vita sono comparsi sui giornali e sugli schermi della televisioni».
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