«Persi arredi e caparra con il Mercatone 1»

Una ventina i clienti che si erano rivolti alla Federconsumatori dopo l’improvvisa chiusura del punto vendita di via Colombo
Bonaventura Monfalcone--foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone--foto di Katia Bonaventura

Tiziana Carpinelli

Bisogna provare a riavviare il nastro fino a metà maggio 2019, prima di quel 24, un venerdì, quando il tribunale di Milano dichiarò fallita la Shernon Holding, la newco di controllo di Mercatone Uno. Una misura necessaria e voluta per venire incontro alle richieste dei fornitori e preservare l’azienda da un dissesto ancora maggiore: in meno di otto mesi, sotto la nuova gestione, l’azienda di arredamenti aveva infatti accumulato oltre 90 milioni di buco, in termini di indebitamento, con perdite gestionali di 5-6 milioni al mese e il rischio era che l’emorragia continuasse in via insanabile. Prima di quella sentenza che causò da un giorno all’altro la chiusura di 55 punti vendita, compreso quello di Monfalcone, ci furono però clienti che senza sospettare un epilogo così drastico avevano acquistato elettrodomestici, cucine, divani, camerette. E se per i lavoratori, per i quali ora è giunta una proroga della cassa integrazione al 23 novembre, fu uno choc scoprire di non dover più timbrare il cartellino, per questi acquirenti fu uno schiaffo capire che, quei mobili e apparecchi, forse già imballati, molto probabilmente non li avrebbero più rivisti.

E infatti, per quasi tutti loro è stato effettivamente così. Una ventina di “irriducibili”, per i quali il rischio era di perdere da 250 euro a 4 mila e pure oltre euro, nei mesi successivi si è invece rivolta alla Federconsumatori, per trovare una seppur minima soddisfazione, un pezzo di arredo, la restituzione della caparra. Niente da fare. «Il giudice di Milano – racconta il responsabile Marco Valent – ha rigettato le domande di insinuazione nel passivo fallimentare per le inadempienze contrattuali. Ha ammesso solo dipendenti e fornitori come creditori privilegiati, pertanto se dalla vendita dell’inventario saranno ricavate risorse sufficienti questi saranno soddisfatti in primis». Alcuni esiti sono ancora attesi, ma stando a Valent «sarà molto difficile ottenere qualcosa perché non ci sono disponibilità per tutti gli altri, cioè i creditori chirografari». «Alcune persone, che avevano i mobili in magazzino già imballati e che nonostante i solleciti delle commesse hanno ritardato il ritiro, magari per impegni lavorativi, ripromettendosi di andare il sabato successivo – prosegue il responsabile di Federconsumatori – si sono poi mangiati le mani. Avessero ritirato l’elettrodomestico o il divano, non avrebbero perso il loro denaro». In una manciata di casi, però, l’associazione che tutela il consumatore non ha gettato la spugna: «In quelle situazioni abbiamo inoltrato istanza per beni determinati, sottolineando come il realtà il contratto di compravendita si fosse a tutti gli effetti perfezionato con il versamento della somma da parte del cliente e la custodia mantenuta dal magazzino solo per motivi logistici, il tempo di noleggiare un furgone o di avere disponibilità della stanza da arredare». «In questi casi – conclude Valent – a nostro avviso l’articolo, se individuato imballato e con indicazione del nome del cliente, non può essere inventariato dal curatore, ma deve essere consegnato al suo legittimo titolare. Operazione, quella dell’inventario, che a oggi, stante anche l’emergenza Covid-19, non ci risulta esser stata ancora ottemperata». —

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