Piasente segretario di una Lega spaccata

L’uscente Fontanini non si fa vedere all’assise e non commenta. Nel direttivo il goriziano Asquini e il muggesano Tracogna
Di Furio Baldassi
Pagnacco 27 maggio 2012 Congresso della Lega Nord presso l'auditorium delle scuole medie. Piasente vince le elezioni. Telefoto Copyright Petrussi Foto Press / Ferraro Simone
Pagnacco 27 maggio 2012 Congresso della Lega Nord presso l'auditorium delle scuole medie. Piasente vince le elezioni. Telefoto Copyright Petrussi Foto Press / Ferraro Simone

PAGNACCO. Non è stato un plebiscito, ma in questi tempi di magra va bene anche così. Matteo Piasente è il nuovo segretario regionale della Lega Nord. Nell’infuocato (ma solo in senso climatico) auditorium di Pagnacco conquista 207 voti dai teorici 352 votanti. Cinquantacinque se li rastrella invece Marco Ubaldi, di Reana del Rojale e 44 Luca Mazzarro, che giocava in casa anche se ultimamente abita a Gorizia. Le schede che mancano all’appello se ne sono andate tra bianche e nulle, a conferma che il clima in seno ai padani, anche in questa estrema propaggine del paese, non è proprio dei più collaborativi e rilassati. Del resto, ed è il primo colpo di scena della giornata, lo stesso Pietro Fontanini si tiene alla larga dall’assise e limita la sua partecipazione a un saluto generico, telefonico,affidato al presidente dell’assemblea, il veneto Dozzo. Più tardi lo stesso Fontanini si trincererà dietro un “no comment” che vale più di molte parole.

No, non è stato un atterraggio morbido, quello di Piasente, che pure tutti considerano più o meno il delfino del “Pieri”. Gli stessi rapporti tra i due, anzi, sembrano essersi logorati. «Ci si aspettava magari un passo indietro da parte del segretario uscente - filosofeggia il ritrovato assessore regionale Claudio Violino - l’indicazione del suo successore e così nessuno avrebbe avuto niente da ridire. Così, invece...». Così, in effetti, lo stesso applauso chiesto da Dozzo per Fontanini ha avuto l’effetto di un gelido atto dovuto. Consensi ben più caldi e sentiti hanno invece strappato i discorsi di Ubaldi e Mazzarro, che meglio rappresentano quelli che sono attualmente i mali di pancia che attanagliano la base. «Sono bastati 30 secondi (quelli del video del Trota, Renzo Bossi, con l’autista ndr) - sintetizza ruvidamente l’uomo di Pagnacco - per mandare a puttane vent’anni di lavoro», ed è subito boato. Nella resa dei conti del Carroccio non c’è spazio neanche per i totem, anche se si chiamano Bossi e il movimento l’hanno praticamente creato da soli. Lo smarrimento maggiore, in effetti, come si evince dai 38 interventi che si susseguono sul palco, è proprio quello di essersi fatti beccare con le mani nella marmellata, come e peggio di quella partitocrazia malata che avversano da sempre. Dice Danilo Narduzzi, capogruppo della Lega in Regione: «Le corna sulla testa adesso non bastano, ora bisogna usare quello che c’è dentro la testa, ripartire dalla meritocrazia. È già importante che la gente abbia ripreso a tirar fuori tutto, senza remore».

C’è un altro grande assente, ed è la consueta coreografia padana. A parte un simil Alberto da Giussano e una specie di John Travolta in salsa leghista, il folclore si limita alle pochette e a qualche polo verde. La gente sembra più preoccupata che allegra. Dal palco Piasente sintetizza che «bisogna tornare in mezzo a loro, impostare l’unità nel rinnovamento, far votare anche chi è in Lega da appena un anno», criticando implicitamente il meccanismo elettorale che richiedeva almeno tre anni di militanza. «Bisogna ripartire dall’assoluta trasparenza dei bilanci - incalza un altro assessore regionale, la triestina Federica Seganti - elaborare un piano preciso su come usare i fondi in arrivo da Milano. L’autonomia bisogna anche sapersela conquistare».

È un’indiretta risposta anche a quanti peroravano la causa di un ordine del giorno con cui chiedere al consiglio federale di ritirare le “truppe” dal Parlamento. Strada, replica anche Dozzo, al momento non percorribile.

Il computo delle schede, alla fine, riesce anche a tirar fuori un direttivo regionale, anzi, nazionale abbastanza equilibrato come ripartizione geografica. Ne fanno parte Budai, il più votato con 40 consensi, Bottecchia (47), Zannier (40), Siciliani (35), Liut (23, Asquini, che di nome fa Massimo ed è goriziano, e per il rotto della cuffia, con i suoi 9 suffragi anche il muggesano Italo Tracogna.

La Lega riparte, tenta di partire da dove tutto era iniziato, dal territorio, «con nomi che non vanno assolutamente considerati di serie B», come si inalbera per un attimo il presidente del consiglio regionale Maurizio Franz .

Ma sulle future alleanze, anche e soprattutto nel Friuli Venezia Giulia, sembra tutto nel ventre di Giove. «Ormai - scherza Franz - le previsioni politiche si fanno al massimo di mese in mese. Qui da noi abbiamo lavorato decisamente bene, ma figurarsi se ci si può azzardare adesso a dire che Tondo sarà il nostro candidato anche nel 2013...». Nella sua impostazione ironica, qualcosa di più di un messaggio...

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